«È stato fortunato, mi ha beccato mentre stavo per uscire con mia moglie. Ma per parlare di Roma, posso anche farla aspettare». Pedro «Piedone» Manfredini, le sue giornate le trascorre a Ostia: in questi giorni c’è un gran sole, per i romanisti che vivono lì ce n’è ancora di più, ora che il loro vicino De Rossi è riuscito finalmente a essere decisivo in un derby. «Sono felicissimo per Daniele – dice Manfredini, 78 anni –. A Roma sono arrivati tanti giovani interessanti che saranno ottimi investimenti per il futuro, ma lui e Totti restano gli unici veri patrimoni di questa squadra».
Manfredini, sa che la Roma vincendo il derby ha eguagliato il vostro record del 1960 (e quello del 1952) di quattro vittorie nelle prime quattro partite?
«Certo che lo so, anche se nessuno è riuscito a segnare sette gol come feci io (ride, ndr )».
A proposito, quale fu il più bello tra quei sette?
«Furono tutti diversi. Mi ricordo che segnai due triplette, a Bari e Udinese, e un gol al Torino, ma non segnai alla Spal, nel giorno della quarta vittoria. Quello che ricordo meglio lo segnai all’Inter, il 31 dicembre 1961, ovviamente dopo la tripletta nel derby del ‘60».
Dove ha visto il derby di domenica?
«Dal divano di casa. Ero stato invitato allo stadio, ma preferisco godermi la partita in tv anche perché ho una certa età. L’ultima volta che vidi una partita all’Olimpico fu proprio un derby, quello del 2004 recuperato dopo la sospensione per la voce di un bambino morto. Ci ero rimasto male anche all’addio al calcio di Giannini, ma da quel giorno ho detto basta».
E le è piaciuta la Roma?
«Nel primo tempo non tanto, ma nella ripresa non c’è stata partita, anche perché la Lazio l’ho vista stanca. Questo Garcia le sta azzeccando tutte. È bravissimo, meticoloso, attento ai minimi particolari, ma anche fortunato, e in un allenatore la fortuna vale tantissimo».
In testa due allenatori stranieri, Garcia e Benitez: che vuol dire?
«Che le idee straniere servono al nostro calcio: ai miei tempi, con allenatori quasi tutti italiani, era un campionato pieno di catenaccio. Ora i tempi sono cambiati, fa bene avere anche filosofie diverse».
Cosa l’ha colpita maggiormente del francese?
«La capacità di non dare punti di riferimento alle difese avversarie. Non una cosa facile, quando l’unico centravanti a disposizione è Totti. Che, poi, centravanti vero non è, ma lui può fare tutto».
Le sarebbe piaciuto giocare con lui?
«Si, ma ogni giocatore abbia la sua collocazione nella storia del calcio. Nell’epoca di Maradona, non so cosa avrebbe fatto Messi, e viceversa. Spesso mi hanno chiesto paragoni tra Totti e qualcuno della mia epoca: impossibile farli».
Dove può arrivare la Roma?
«Presto per dirlo, e non è il caso di fare proclami, anche perché a Roma basta perdere due partite per far riscattare l’allarme. Ma sono d’accordo con Garcia: questa squadra deve finire tra le prime cinque».
E se la Roma dovesse vincere a Genova e battere il vostro record, sarebbe felice?
«Ovviamente. Vivo a Roma e tifo Roma, non posso essere geloso».
Gazzetta dello Sport – M. Calabresi