La Repubblica (P. Torri) – Tutto, o quasi, in un derby. Il riposizionamento della chiesa al centro del villaggio, immagine tanto cara a Rudi Garcia. Il ritorno alla vittoria dopo oltre due anni in una stracittadina. La riscoperta dell’effetto che fa segnare dopo oltre 400 minuti di astinenza contro l’avversario più avversario che c’è, con tanto di inchino sotto una Curva Sud da applausi a scena aperta, così come peraltro una tribuna Tevere con quel meraviglioso omaggio ad Agostino Di Bartolomei che ha avuto anche il potere di zittire chi distribuisce adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma.
Ottava vittoria nelle ultime 11 gare, cioè da quando la giugulare di Daniele De Rossi si è seduta in panchina. Ventiseiesimo punto conquistato sui 33 disponibili. Regalato una gioia senza paragoni a una tifoseria che non si discute, si ama. Tutto, o quasi, in un derby, dove il gol di Gianluca Mancini ha avuto pure la forza di costringere ancora (e speriamo per sempre) a rimanere sulla riva del fiume tutti quelli, e non pensiate che siano pochi, che non stanno aspettando altro che mister De Rossi deluda per poter rispolverare nostalgie disoneste e commerciali.
Sarebbe auspicabile un segnale di futuro da parte della società. Ovvero il rinnovo contrattuale dell’allenatore in scadenza con il suo staff il prossimo trenta giugno, in una Roma, oltretutto, che è quasi tutta in scadenza quando mancano meno di tre mesi alla chiusura del bilancio, ma soprattutto al lavoro in un mercato che tra plusvalenze, acquisti, cessioni, rinnovi e conti economici, tutto sarà meno che una passeggiata di salute. Che altro deve fare mister De Rossi per avere la conferma? Nel caso aveste una risposta all’interrogativo, dategliela. Lui vi soddisferà. Come nel derby.