Pagine Romaniste (A. Ferrantino) – Si avvicina il derby della capitale e una delle divinità dell’Olimpico, che con un gol di tacco firmò la sua prima rete in Serie A, è tornata a parlare di quel 9 novembre 2003. Il suo palmarès recita 59 gol in 222 presenze, condite da due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana. Di quel gol ne abbiamo parlato direttamente con lui, con uno sguardo al passato e uno al presente.
La Roma in conference league ritrova il Bodo.
“Se gioca come contro il Vitesse rischia di uscire dalla Conference League. È una Roma che soffre e non riesce a concretizzare il possesso palla e a creare occasioni da gol. Ad Arnhem, nonostante le mille difficoltà, si è imposta 1-0 mentre al ritorno è apparsa floscia. Contro il Bodo spero non vada come l’ultima volta”.
Domani il derby.
“La Lazio parte favorita ma nel derby può succedere di tutto. Sono partite delicate. Tante volte la Lazio arrivava come favorita e poi eravamo noi a vincere. La Lazio possiede rispetto alla Roma giocatori di maggiore spessore tecnico. Però la Roma ha Mourinho e lui è lo specialista di queste gare. Il mister sa come preparare questi match ed entrare nella testa dei giocatori”.
A proposito di Mourinho, tu lo conosci bene.
“Mourinho è una persona seria e agli occhi di chi non lo conosce può sembrare antipatico, ma in fondo non lo è. Ha un cuore grande e vuole bene ai suoi giocatori. È un grande comunicatore e uno psicologo mancato. Ha vinto tanto e lo reputo un allenatore eccezionale”.
Vedi l’impronta di Mou in questa Roma?
“La Roma non gioca ancora come Mourinho comanda. Sono lontanissimi dalla sua idea di calcio ma questo è anche dovuto alla carenza di materia prima a disposizione del mister. A questa squadra mancano qualità e giocate individuali. Non c’è un leader trascinatore, capace di farsi carico della squadra. Vedo solo giovani di talento e prospettiva, ma questi non bastano: bisogna inserire giocatori con maggiore esperienza. I più giovani hanno bisogno di una guida esperta in campo per poter crescere ed evitare di commettere errori”.
A proposito di giovani. Cosa pensi di Abraham e Zaniolo?
“Abraham mi piace molto. È un attaccante che vede la porta e possiede uno spiccato fiuto del gol come dimostrano le sue 21 reti alla stagione d’esordio in giallorosso. Inoltre ha carattere e in campo è un lottatore. Il primo Zaniolo era partito benissimo. Aveva dimostrato di possedere qualità e tecnica ma poi sono arrivati gli infortuni. Oggi, nonostante le prestazioni negative, resta un giocatore di talento e di una fisicità incredibile. Ha solo bisogno di lavorare, restare tranquillo e trovare la sua giusta posizione in campo”.
Torniamo al derby. Com’è nato quel gol di tacco?
“Il derby della capitale è una partita importante, sentita da tutti i tifosi: sia laziali che romanisti. Quando arrivai a Roma ero un perfetto sconosciuto. Mi unii alla squadra per iniziare la preparazione e una sera, mentre ero a cena in un ristorante, mi vengono incontro tre tifosi della Roma. Mi dissero: “Mi raccomando al derby”. Gli dissi che mancavano quattro mesi al derby e loro risposero: “A Roma è così”. Quella partita ha dunque lo stesso valore di una finale ed io segnai contro la Lazio il mio primo gol in Serie A. Un’emozione indescrivibile. Quel gesto tecnico mi venne automatico, non potevo fare altrimenti. Anche Emerson, che era alle mie spalle, fece il mio stesso movimento. Quel gol cambiò la mia carriera. Mi diede tanta fiducia e mi spinse a impegnarmi sempre più”.
Chi saranno i protagonisti di domani?
“Abraham per la Roma e Immobile per la Lazio. Ciro sta battendo molti record ed ha la continuità del gol”.
Adesso che sei un allenatore, a chi ti ispiri?
“Ho avuto la fortuna di essere allenato da Capello, Spalletti e Mourinho: tre grandi allenatori. Il primo è un generale, uno molto serio e che ride poco. Dalla sua ha la capacità di tenere unito il gruppo e mettere ordine dove questo manca. José è un grande conoscitore di calcio e un grande comunicatore. Infine Spalletti al quale mi ispiro maggiormente, ma porto con me e trasmetto ai miei giocatori i loro insegnamenti”.
Il tuo sogno nel cassetto.
“Sicuramente tornare in Italia e allenare la Roma, la squadra dove ho giocato e che mi è rimasta nel cuore”.