Il Corriere dello Sport (A.Cazzullo) – Paolo Maldini, ex Milan e vincitore di 5 Champions League, racconta la lotta sua e del figlio contro il coronavirus. Ecco le sue parole:
Maldini, come sta?
Il peggio è passato. Ho ancora un po’ di tosse secca, è stata come un’influenza un po’ più brutta.
In cosa è diversa?
Conosco il mio corpo, un atleta conosce sé stesso. I dolori sono particolarmente forti. E poi senti come una stretta al petto.
Il calcio doveva fermarsi prima?
Sì. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia. Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo.
Quando ripartirà il calcio?
Un finale di campionato ci deve essere, e ci sarà. Ma quando non possiamo dirlo ora. Capisco che per la gente sarebbe uno svago prezioso. Ma nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. E poi è giusto mettere tutte le squadre sullo stesso piano. Alcune, come la Sampdoria, sono più colpite. Sono positivi alcuni tra i giocatori più rappresentativi della Juve.
E’ toccato anche a Dybala…
Non dobbiamo avere fretta. Non ci si rimette in due giorni da questo virus. Tutti i calciatori devono avere il tempo di riprendersi e allenarsi. Prima di tornare a giocare saranno necessarie almeno due settimane di preparazione.
Le Olimpiadi di Tokyo?
Vanno rinviate. Oggi non si possono organizzare le selezioni, non ci si può preparare a dovere per l’ appuntamento della vita. Nel calcio, poi, la differenza tra un campione e un giocatore normale è minima. Di sicuro inferiore al 10 per cento. Se cala del 7 per cento, un campione diventa un giocatore come un altro. Dybala e gli altri devono avere tempo di recuperare bene.