Ma Paolo Rossi che cosa c’entra con l’Olimpico?

La Repubblica (E. Sisti) – Lo stadio è un bambino i cui genitori (la politica sportiva e non) decidono di dare un nome senza poterlo consultare. Se lo porterà dietro per sempre? Unica differenza: i veri bambini sì, gli stadi qualche volta cambiano. Ma attenti ai nomi sbagliati. Quello di “Paolo Rossi” al posto di ” Stadio Olimpico” sarebbe irrilevante dal punto di vista storico-geografico e irrispettoso persino nei confronti di Pablito, che si vedrebbe intestato, certo, un grande impianto, ma un po’ a casaccio.

Sia chiaro una volta per tutte: lo Stadio Olimpico di Roma non è un’entità al di sopra degli schieramenti, non è Wembley, che rappresenta il calcio inglese ed è lì che si giocano tutte le partite dell’Inghilterra (a parte casi rarissimi). All’Olimpico Paolo Rossi è stato un forte avversario a lungo temuto e quasi sempre fischiato. Stop.

Lo Stadio Olimpico è invece un monumento alla romanità. Da quasi 70 anni è la casa di Roma e Lazio, è il luogo in cui i loro tifosi hanno imparato a vedere il calcio da lontano perché in mezzo c’è la pista: ma proprio per questo con tanto più amore (senza il quale la distanza non si colmerebbe). Perché intitolarlo a Paolo Rossi, che di romano non ha nulla? Non insegnano qualcosa gli stadi “Meazza” e “Maradona”?

Perché pensare di poter calpestare le emozioni della capitale ostinandosi a immaginare l’Olimpico per quella zona franca che non è? L’Italia di Paolo Rossi e le glorie dell’82 non hanno avuto alcun ruolo nell’evoluzione e nella fascinazione dell’Olimpico. Forse chiamarlo “Stadio Trilussa” avrebbe più senso.

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