Corriere dello Sport (R.Maida) – Sei gol presi, due segnati. E’ stata poco gratificante la gita spagnola della Roma, non tanto per le sconfitte incassate contro Siviglia e Celta quanto per i mancati progressi della squadra sul piano della qualità del gioco, dell’efficienza e della stabilità difensiva. Di Francesco era abbastanza soddisfatto della prima partita, nella quale aveva tenuto testa a un avversario già proiettato sul playoff di Champions League, ma anche a Siviglia la Roma ha denunciato problemi in tutti gli aspetti sopra elencati.
NO GOL – Sostanzialmente è una squadra poco pericolosa rispetto alla mole di occasioni potenziali che produce. Arriva spesso nel momento in cui vede la porta ma tende a sbagliare l’ultima scelta, forse perché concentrata nell’esecuzione degli schemi provati in allenamento o forse perché intimorita dai possibili squilibri tattici generati da un errore nell’ultimo passaggio. Si vedono ancora poco la ricerca delle verticalizzazioni, le sovrapposizioni dei terzini, gli inserimenti dei centrocampisti. E in attacco segna quasi solo il centravanti: dall’inizio della preparazione, tolto il trotto con i dilettanti di Pinzolo, la Roma su azione ha avuto 2 gol da Dzeko, 2 da Sadiq e 1 da Tumminello, oltre al rigore di Perotti contro il Tottenham e alla rete di Strootman a Vigo venuta a partita già chiusa. E’ un problema di manovra poco fluida: il sistema degli scarichi e della profondità a tutto gas è un caposaldo del gioco di Di Francesco ma non è ancora stato quasi mai sfruttato.
L’ATTEGGIAMENTO – Per quanto riguarda i guai difensivi, la Roma d’estate non aggredisce con intelligenza e armonia l’avversario. Si lancia ogni tanto in movimenti di pressione individuali che contro bravi palleggiatori non servono. Anzi sono dannosi perché possono provocare ripartenze veloci a palla scoperta. Non è questo il pressing che vuole Di Francesco. Viceversa, l’allenatore chiede di alternare le strategie a seconda dei momenti: a tratti è giusto mordere l’avversario ma a tratti è opportuno attendere dietro la linea della palla con un baricentro alto. La difesa soffre a causa di singoli non adeguati al nuovo corso (Fazio) o dei limiti di alcuni (Bruno Peres, Juan Jesus) ma anche perché spesso c’è troppo spazio tra i reparti. Banale puntualizzarlo ma se il centrocampo non regge l’urto sfregiando gli attacchi altrui, se gli attaccanti esterni non si impegnano nel contenimento dei terzini che salgono, l’ultima linea ne risente: a Vigo ad esempio troppe volte Iago Aspas e Sisto entravano sulla trequarti senza incontrare opposizione. E da dietro, i portatori potevano far girare il pallone o puntare l’area della Roma senza alcuna difficoltà.