Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Una cena dal grandissimo chef Heinz Beck, con i compagni di squadra e una parte dello staff che lo ha accompagnato nei 25 anni di carriera romanista. Ma non Luciano Spalletti, perché l’allenatore non ci deve essere mai quando i giocatori si ritrovano per parlare tra di loro. Non una scortesia, in un rapporto comunque ai minimi termini, ma una regola non scritta vecchia come il pallone. Francesco Totti dirà prima di tutto ai compagni che cosa farà da grande. O, almeno, questa è l’ipotesi più probabile. Così come l’ipotesi più probabile è che confermi loro che resterà alla Roma come dirigente, seguendo il contratto che prevede per lui sei anni dietro a una scrivania, con compenso «apicale» (600mila euro netti a stagione). Ma nessuno può avere certezze, perché il Capitano finora non ha voluto mai parlare del suo futuro. Monchi, però, è riuscito a instaurare con lui quel rapporto umano che Spalletti non ha mai avuto nella sua seconda avventura romanista.
Domenica ci sarà una festa allo stadio, ma senza nessuna forzatura. Tutto dopo il fischio finale, perché Roma-Genoa non è un’amichevole, ma la partita che deve dare ai giallorossi la certezza del 2° posto e della qualificazione diretta alla Champions League, che vale almeno 30 milioni. Niente effetti speciali, insomma, ma qualcosa di molto personale e privato tra Totti e i suoi tifosi. Perché, come ha detto Steven Gerrard: «Ho giocato a calcio per la gente e anche Totti dirà lo stesso. Vogliamo rendere felici le persone, perché la cosa più importante per me è stata avere successo assieme alla mia gente, la gente della mia città. È questo che mi ha portato a giocare a calcio. E sono certo che Francesco dirà che la sua felicità deriva dall’aver fatto felice la gente di Roma».