Libero (F.Perugini) – Ne resterà soltanto uno alla fine di Roma-Milan, tra gli highlander Rudi Garcia e Sinisa Mihajlovic, sopravvissuti contro molte previsioni fino alla sosta natalizia ma già condannati dai primi 90’ del 2016. La rimonta subita dal Chievo e la figuraccia casalinga contro il Bologna costringono al duello i due allenatori più attesi – e più deludenti – della stagione. «Siamo come due pistoleri», ammette il milanista scegliendo un’immagine da Selvaggio West. Doveva risollevare le sorti dell’abbacchiato mondo Milan, e invece il serbo ne è rimasto vittima, corpo estraneo in una realtà ormai senza identità e regole. Tranne, ovviamente, quella che impone agli allenatori di vincere a qualunque costo e tacere di fronte ai diktat della società. Non sta meglio il collega: il terzo anno doveva essere la sua consacrazione anche grazie a uno Dzeko in più. E invece Rudi si trova a giocarsi il tutto per tutto anche senza il suo attaccante, che non è riuscito a ottenere lo sconto alla squalifica.
Nessuno dei due club, in verità, vorrebbe veramente arrivare all’esonero. Il Diavolo non può permettersi di investire subito in un altro progetto con tre allenatori già a libro paga. In caso di cacciata, toccherà quindi a Cristian Brocchi traghettare il Diavolo, con l’idea della supervisione di Marcello Lippi. E l’allenatore della Primavera è il primo a tifare per Miha, nella speranza di non fare la fine del suo predecessore, Pippo Inzaghi. In fondo ai rossoneri potrebbe bastare un percorso decoroso in Coppa Italia (mercoledì i quarti col Carpi) e la sicurezza del ritorno in Europa per salutare con dignità Sinisa a fine stagione. Dopo aver costruito la squadra sul 4-3-3, nemmeno Sabatini vorrebbe dover certificare il fallimento del progetto-Garcia: ma con i tifosi contro e senza un nome pronto per ricostruire subito, si rischia la figuraccia (oltre al fatto che su un esonero affrettato ballano i 15 milioni lordi da dare al francese fino al 2018). Anche nella Capitale si vorrebbe attendere l’estate per dare l’assalto ad Antonio Conte, primo obiettivo anche per la panchina del Milan (comune anche l’alternativa, Luciano Spalletti). Insomma, la vera partita, che non si giocherà stasera bensì nei prossimi mesi, è quella per il cuore del ct. Che potrà sedersi a guardare il match senza nemmeno la necessità di gufare.
I due tecnici «walking dead» possono infatti solo provare a prolungare la loro avventura. O la loro agonia, per citare ancora Mihajlovic che ammette «sono abituato a essere in discussione». Paradossalmente, lo accompagnano ancora una volta in conferenza De Jong e Montolivo, il primo e l’ultimo dei bocciati a centrocampo: il capitano lascerà a Kucka il posto accanto a Bertolacci, con Honda ancora sulla destra e Luiz Adriano di nuovo titolare al posto di Niang (Cerci non convocato come l’acciaccato Alex). «Basta un clic e questo periodo nero sarà alle spalle», prova a convincersi Garcia. E intanto spera che basti recuperare Totti in panchina per risvegliare lo spogliatoio. Si rivedrà anche Salah, ma non al meglio: quindi dovrebbe toccare ancora a Sadiq in avanti, mentre in mezzo rientrano Pjanic e Nainggolan. Il mezzogiorno di fuoco è fissato alle 20.45 tra il Milan che segna poco (24 reti) e la Roma che subisce troppo (21). «Quando siamo al completo, resto convinto che possiamo competere per i primi tre posti», sostiene Mihajlovic che vincendo potrebbe comunque girare a 31 punti (la quota più alta degli ultimi anni), «Berlusconi? Non ci siamo sentiti dopo il Bologna, magari lo faremo prima della partita». Meno loquace Garcia che si intrattiene appena dieci minuti coi giornalisti. «Ho deciso di avere una comunicazione più neutra: chi vince può “aprirla”, chi non vince è meglio che stia zitto». Dove l’abbiamo già sentita?