La Repubblica (M. Juric) – Un faccia a faccia con Mancini dopo 6 minuti, un rimprovero a Karsdorp per un passaggio sbagliato, continue indicazioni a Bove e Paredes su come passargli il pallone. Lezioni di cosa sia il calcio per quelli del suo lignaggio. Confermati dai continui duetti nello stretto con Dybala, tra un segno d’intesa e l’altro.
In questo momento Romelu Lukaku è il barometro tecnico e carismatico della Roma. Il leader assoluto di una squadra ancora persa nei meandri della paura di sbagliare e incapace di evitare i tanti errori che l’hanno costretta ad una partenza da retrocessione.
Il centravanti belga regala una sensazione di onnipotenza che va oltre il quarto gol stagionale (terzo in Serie A, solo Batistuta ed El Shaarawy hanno fatto meglio in cinque giornate da quando ci sono i tre punti in palio) che, insieme alla rete di Lorenzo Pellegrini, permette alla Roma di battere il Frosinone e scacciare, almeno per qualche giorno, i fantasmi della crisi.
I tifosi sugli spalti rimangono fedeli al suo condottiero. Tornato per 90’ quel dodicesimo uomo in campo, tutto grinta e indicazioni. Nessuna staffetta con Foti, niente braccia conserte. Solamente quella voglia di lottare insieme ai suoi calciatori dal rettangolo bianco davanti alla panchina.
La risposta dei giocatori è stata quella attesa. Lotta e grinta, con tutti i limiti ancora troppo evidenti. Dalle amnesie di Ndicka, alla condizione fisica ancora carente di Paredes e Dybala. Ma con un uomo in più, quel Rick Karsdorp accompagnato da una standing ovation al momento del cambio.