La Roma non ha alcuna intenzione di mettere in dubbio non solo la presenza, ma neanche l’autorevolezza di Luis Enrique. Da questo punto di vista, anche se potrebbe apparire paradossale, la brutta sconfitta di Udine quasi rafforza il ruolo dell’allenatore. Lo fa nella misura in cui responsabilizza la squadra, anzi, meglio, dal momento in cui la squadra verrà responsabilizzata. A fare di più. A dare di più. L’analisi a caldo di Walter Sabatini dopo il Friuli è apparsa a qualcuno dissonante da quella di Luis Enrique. Sarebbe la prima volta, e potrebbe anche essere, ma non è proprio questo il punto (nello specifico sono semplicemente due angoli visuali diversi). Sabatini sta col tecnico, Baldini anche, così come tutta la Roma che conta e decide. A Sabatini, a Baldini, non sono piaciuti per niente alcuni atteggiamenti in campo. In generale non è piaciuto l’atteggiamento di tutta la Roma, nell’approccio iniziale e dopo la prima parte della ripresa in particolare.
La squadra ha giocato timida, come ha giustamente detto il direttore sportivo già nello spogliatoio, è apparsa pallida, quasi emaciata, non ci ha creduto, a un certo punto – sullo 0-0 e con l’inerzia quasi a favore – s’è pure accontentata. Non è stata Roma da Roma. Non è stata sicuramente la Roma che vogliono Sabatini, Baldini e tantomeno Luis Enrique. Qualcosa non ha funzionato ed evidentemente se n’è accorta la squadra stessa: il richiamo ad avere “più grinta” è stato fatto anche negli spogliatoi da qualche giocatore più anziano a qualcuno più giovane. In passato era già successo, persino in campo, a Udine è successo un po’ di più. Adesso la dirigenza si aspetta una risposta. Già oggi a Trigoria Sabatini dovrebbe incontrare i calciatori.
Non è soltanto un discorso di vecchi e nuovi, e nemmeno soltanto di veterani e matricole. Per esempio un giocatore come Osvaldo a Udine ha convinto tutti, sia dal punto di vista tecnico (e non è una boutade che tecnicamente sia più forte di Batistuta) sia dal punto di vista – di questo si scrive – comportamentale. In attacco è stato il solo. Si sono viste troppe mani sui fianchi, è questo il senso. Non è piaciuto nemmeno Lamela quando ha cercato un rigore che non c’era. Una delle belle caratteristiche di questo ragazzo speciale è quella di avere tigna oltre che un classe cristallina. La Roma non vuole che Erik si “italianizzi” troppo, certi atteggiamenti non piacciono e non si devono ripetere. Così come, comunque, non è piaciuto quello di Bojan fuori dal campo (la rivoluzione culturale è culturale apposta, no?) al secondo ritiro di patente nel giro di pochissimo tempo: non dovrebbe essere multato e forse anche perché è successo nel suo giorno libero. Ma, tant’è. Neanche José Angel ha brillato per coraggio. José Angel che era stato già “ciancicato” da De Rossi qualche partita fa, quando Capitan Futuro da Capitano e basta ha spronato il suo giovane compagno di squadra ad avere più determinazione. Proprio Bojan Krkic – quasi inseparabile da Angel fuori dal campo – ieri attraverso i soliti social network ha fatto una mezza autocritica e insieme una dichiarazione d’intenti: “Non sono mai giornate facili dopo una sconfitta – ha voluto far sapere – Dobbiamo imparare dagli errori che abbiamo fatto e continuare a lavorare. Non vediamo l’ora di giocare contro la Fiorentina! FORZA ROMA!”. Da quel “dobbiamo imparare dagli errori che abbiamo fatto“, da questa consapevolezza e da questa assunzione di responsabilità, si ripartità stamani alle ore 11. A proposito, Luis Enrique ha anticipato la seduta per venire incontro ai calciatori, così come già nel recentissimo passato aveva diminuito le sedute di allenamento di mezz’ora. Tempo buttato, finora.
Il Romanista – Tonino Cagnucci