Dei 43 Esordienti affidati nel 2005 a Sandro Tovalieri, oggi a Trigoria ne sono rimasti 5, due dei quali con lo stesso cognome, Ricci. Il dibattito su chi sia il più forte dei gemellini classe 1994 va avanti da allora: il primo anno trovava più spazio Federico, esterno sinistro d’attacco o trequartista, poi lo ha superato Matteo, trequartista o esterno sinistro d’attacco, come a dire che farli giocare insieme, visto che tra l’altro erano i più bassi e leggeri della rosa, era un vero rebus a incastro.
Con Stramaccioni Rebus di cui lo scorso anno aveva trovato la chiave Stramaccioni, negli Allievi Nazionali: la sua specialità, da Florenzi a Viviani, è insegnare ai trequartisti a giocare davanti alla difesa, con Matteo Ricci è andato ben oltre, reinventandolo — dopo qualche mese da interno, col gemellino all’ala — come terzino destro. Un po’ quello che aveva provato Luis Enrique con Perrotta, con due differenze sostanziali: che la caratteristica più evidente di Matteo Ricci non è la corsa di un Perrotta ma l’eleganza e il tocco di palla di un Pjanic. E che l’esperimento non è stato abortito dopo una partita e mezza, ma è andato avanti fino a che il tecnico non ha lasciato Roma per andare all’Inter, la scorsa estate.
Vecchio ruolo Col passaggio da Stramaccioni a De Rossi, a Matteo Ricci è stato detto che sarebbe tornato a fare il centrocampista, come a dire a giocarsi un posto in panchina con Cittadino, un altro dei 5 del gruppo storico, perché tanto con la retrocessione in Primavera di Viviani e Verre le due maglie in mediana sono fuori portata per tutti. Ma Luis Enrique si è accorto lo stesso del suo talento: nella conferenza pre gara di Roma-Atalanta, quando gli chiesero delle assenze di Perrotta e Gago, rispose che aveva fatto allenare coi grandi Viviani e Matteo Ricci. Che a oggi, con la Primavera, ha giocato in tutto 10 minuti, a Pescara, appena due giorni prima della chiamata dello spagnolo.
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