Sarò rimasto ai vecchi tempi. Con la tessera della Roma Junior club andavo in curva Sud, ero felice quando i giallorossi facevano una rete più degli avversari, deluso quando accadeva il contrario. Sarò un nostalgico, ma nello sport conosco un solo progetto: la vittoria. Il resto sono chiacchiere, anzi buffonate. Così a mala pena trattengo l’insulto quando sento dei sapientoni spiegare che al mascellone spagnolo va dato tempo e che in fondo la Roma ha sempre fatto più possesso palla degli avversari. Ma vogliono prenderci per i fondelli? Vince e diverte chi segna, non chi addormenta il pubblico, non gli avversari, con inutili e stucchevoli passaggetti a centrocampo. Apriamo gli occhi: il re è nudo. Luis Enrique fa quasi tenerezza, non ci ha capito niente. Non conosce i giocatori della Roma e il calcio italiano. Ma allora perché è stato preso? Perché ha visto da vicino il Barcellona giocare? Chi affiderebbe una macchina di Formula Uno a chi è stato solo ai box Ferrari?
Lui non si preoccupa dei giocatori che ha, bravi o meno, ma del metodo. Un trequartista lo fa giocare terzino, l’attaccante italiano più prolifico lo mette a centrocampo e a volte in difesa. Un terzino, ora si chiama esterno basso, ma è la stessa cosa, lo fa giocare centrale e poi non lo usa nel suo ruolo. Ha due attaccanti centrali e li mette sulle ali. Un trequartista, giovane e forse acerbo e gli dà le chiavi del centrocampo. Sostituisce Pizarro, l’unico che in mezzo al campo qualcosa capisce, per far posto a un mamozzo che a Madrid sono stati felici di regalare. L’importate è il progetto. E gli altri fanno festa. Pensate se alla prima della Scala a qualcune venisse in mente di mettere un tenore a fare il baritono, un basso il tenore. Farebbero il pieno di ortaggi. Se Ranieri avesse ottenuto i risultati dello spagnolo, lo avrebbero linciato. Lui però è un «minestraro», uno che cerca di ottenere il meglio dagli ingredienti a disposizione. Gli hanno affidato la Roma in corsa e solo per un episodio sfortunato contro la Sampdoria non ha vinto uno scudetto. Ci ha esaltato e fatto sognare. C’è da scommetere che archiviato il progetto Gasperini, riporterà l’Inter in alto. Senza magie o alchimie, ma mettendo a posto gli elementi. Ma è un «minestraro» dicono quelli dal palato fine. Così andiamo avanti con i progetti, con le statistiche sul possesso palla e su altre corbellerie simili. Un bravo allenatore è quello che sa far rendere al massimo quel che ha a disposizione, non chi vuole illuderci che una cipolla sia un tartufo.
Così, se non lo cacciano o non impara subito la ricetta dell’amatriciana, Luis Enrique ci porterà in serie B, contento di avere il record di possesso palla. Anzi il pallone se lo porterà anche a casa. E il prossimo anno potremmo sfidare il Crotone o il Pescara. In B ho visto giocare la Lazio, mai la Roma, e non voglio vederla. A me interessa vincere le partite. Dei filosofi del progetto della sconfitta non so che farmene, datemi un «minestraro», almeno non mi lascerà a digiuno.
Il Tempo – G. Sanzotta