Il Messaggero (A.Angeloni) – Finisce con Luciano Spalletti, senza giacca, sbracciante verso la folla che sta cantando “un capitano, c’è solo un capitano”. La Roma ha appena segnato il gol del tre a due, quello che le regala l’accesso alla Champions senza passare dai preliminari. Pochi istanti prima, Lucio, al gol di Perotti, si era impegnato in una corsa lunga verso la Curva Sud ad abbracciare a farsi abbracciare.
CORSE E FISCHI – Perché forse ha capito che in questo periodo, una parolina un po’ più dolce, per quel ragazzino di nome Totti, che anche contro il Genoa ha dato una grossa mano alla Roma, poteva concederla, senza scendere nelle vecchie ruggini, che producono rancori, quando invece era una settimana, un pomeriggio dedicato alla passione, al sentimento, all’amore. Perché alla fine uno è l’allenatore, l’altro è il capitano, le due facce della stessa anima, appunto, la Roma. Questo la gente lo ha capito e non accetta le scissioni, o Totti o la Roma, e Spalletti, all’inizio della partita lo ha fischiato sonoramente e mentre uno stadio era in lacrime a salutare l’addio di Totti, ha fischiato di nuovo. E non solo Spalletti, anche il presidente Pallotta e qualche dirigente, non Monchi, ultimo arrivato, quindi ritenuto puro. Perché per questi settantamila tifosi presenti allo stadio e a tutti gli altri che non ce l’hanno fatta a venire, chi tocca Totti tocca la Roma e viceversa. Spalletti alla fine del match ringrazia tutti, uno per uno, dall’ultimo dei calciatori non entrati fino a chi contro il Genoa gli ha messo addosso una medaglia, quelli che hanno firmato il traguardo con i loro gol e con le loro prestazioni, da Dzeko a De Rossi, passando all’incredibile Perotti, che avrà pure il musino e gli rode davvero tanto quando non gioca, ma stavolta è entrato, ha fatto gol (il primo su azione in campionato) e ha sventolato la sua maglia come una bandiera, nel nome della Roma, di Totti, che bandiera è stato e lo sarà sempre. Deve essere stato davvero strano questo pomeriggio per Spalletti, che tra oggi e domani, saluterà Roma, con la passione per i colori che si porterà sempre addosso ma con la consapevolezza di non aver tolto in tempo certe spigolature caratteriali. Un pomeriggio di tensioni, di sentimenti contradditori: dai fischi alla corsa verso la Sud, stile Mazzone. Lucio ha salutato la Curva che lo contestava e che gli ha voluto bene ma non ha capito perché queste guerre continue contro il mondo e Totti. Spalletti ha sottovalutato la grandezza del capitano e della passione della gente.
LO STADIO NON PERDONA – Caro Lucio, guardala questa città cosa è stata capace di fare, guarda l’Olimpico, guardalo sempre, da quella Madonnina della Milano. Costava tanto un po’ di tenerezza in più? Verso la Roma e il suo capitano di sempre, Francesco Totti. «Stavano piangendo tutti,era impossibile non venire trasportato da questa emozione generale. Se Francesco decidesse di smettere, come penso abbia deciso di fare,sarebbe una perdita da colmare: ottavo re di Roma è poco, è più un imperatore. Nella Roma dovrebbe fare il vice presidente. Lui è un buon ragazzo, trasparente. Non c’è niente di plastificato quando hai a che fare con lui. Sa trasferire la semplicità che ha addosso e riesce anche a non subire questa continua figura che gli viene attribuita perché se l’è meritata sul campo», le parole di Lucio, che non chiarisce il suo futuro. «Lo faremo prestissimo, finalmente incontrerò Pallotta, che di solito non vedo mai (e lo sottolinea più di una volta, ndr). Bisogna dare meriti a questa squadra, più che mai dopo la gara con il Genoa». Una battaglia.