“Se un settore di migliaia di persone assume un comportamento di un certo tipo e’ giusto che vada censurato – spiega il numero uno del club biancoceleste – Ma 20 o 30 persone non rappresentano la tifoseria: bisogna distinguere i tifosi-delinquenti dai delinquenti-tifosi.Gli ultras vanno oltre per quanto riguarda la qualita’ e la forza del tifo. Ma la forza del tifo non deve necessariamente diventare violenta e razzista. Ci sono anche ultras che si comportano in modo corretto, purtroppo pero’ ci sono persone che non vanno allo stadio per vedere la partita ma per compiere atti criminosi. Nelle curve, attraverso la tifoseria organizzata, si compiono atti di delinquenza. Queste gente, che passa dallo stadio alla strada, e’ la stessa che si trova nei cortei anti-Tav o contro la scuola e non hanno nulla a che vedere col tifo. Sulla carta d’identita’ la categoria professionale “tifoso” non esiste. Esistono persone che vanno a vedere la partita, persone piu’ educate e meno educate poi ci sono i delinquenti che fanno i tifosi. La norma sulla discriminazione territoriale cosi’ com’e’ stata impostata fa solo danni, e’ un boomerang. Bisogna mettere in campo una serie di situazione volte a prevenire certi fenomeni”.
Come Lazio, ha ricordato Lotito, “abbiamo un rapporto di collaborazione 24 ore su 24 con le forze dell’ordine, un’azione di prevenzione nelle scuole e negli ospedali, un sacco d’iniziative come la maglia ‘No Racism’, ma non e’ che posso mettere un poliziotto al fianco di ogni spettatore per registrarlo con un microfono: ‘Scusa cos’hai detto?’. Non possiamo vietare ai tifosi di proferire parola. Oggi le societa’ non hanno i mezzi per prevenire il fenomeno – ha concluso Lotito – non ci sono le attenuanti, non hanno nulla e poi di conseguenza pagano in termini di credibilita’ sportiva ed economica”.
(AGI)