La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Stavolta la partita l’ha vinta lui. Ed è una vittoria che ha un sapore particolare, bellissimo, non solo perché è la sua prima vittoria in campionato contro la Juve, uno di quei tabù che ancora proprio non gli andavano giù. No, ha un sapore particolare anche perché alla lettura delle formazioni qualche fischio Luciano Spalletti se l’era beccato dai suoi tifosi, sulla scia di tutto il polverone post-San Siro per la vicenda legata al mancato ingresso di Francesco Totti. E invece, proprio quando tutto sembrava essere diventato difficilissimo per la vittoria del Napoli a Torino, Spalletti ha piazzato una prova d’autore. Vincendo una gara fondamentale, di quelle sì da dentro o fuori per tutto quello che rappresentava, e mettendo così da parte (almeno per un po’) quel peso morale di una Roma incapace di sorridere nelle gare senza appello. E facendo entrare Totti per prendersi gli applausi della sua gente. «E l’ho messo tardi, era pure arrabbiato», ci ride su Spalletti.
ANIMALETTI VERI – «Abbiamo giocato da squadra tignosa, cambiato anche qualcosa soffrendo con durezza – dice il tecnico giallorosso –. Ci interessava solo vincere la partita, nient’altro. E tutta la settimana abbiamo lavorato per questo, focalizzandoci sul secondo posto La differenza l’hanno fatta le persone che siamo: abbiamo avuto la perseveranza di ribaltare le situazioni, di lavorare sempre credendo prima o poi di poter raccogliere i frutti di quel lavoro. Questi (la Juve, ndr) hanno un animaletto dentro che si chiama proprio tigna, ogni volta che ci giochi contro viene fuori. A noi mancano, ma Nainggolan è uno di questi, i suoi comportamenti fanno la differenza. Non voleva neanche uscire dal campo. Ora è fermo un’altra volta, ma sono sicuro che per la prossima partita recupererà. Chi non ha questo animaletto è difficile da stimolare sempre, ogni volta. E chi non ce l’ha capita che poi ti sbaglia le partite decisive». Ieri, in verità, la partita tra i giallorossi l’hanno indovinata un po’ tutti. «Nel primo tempo non siamo stati bravi a difendere andando avanti, nella ripresa invece abbiamo fatto meglio: Salah è stato più bravo a giocare tra le linee, Rüdiger ha spinto anche se gioca meglio da centrale. Se lo fai spingere, magari ti manca un po’ nella fase difensiva». E allora si passa al futuro: «Penso solo alle prossime due partite, dobbiamo assolutamente vincerle. Rimpianti scudetto? Non ne abbiamo, siamo solo felici per questa vittoria. Tra 15 giorni diremo tutto. L’Inter? È polvere per farci vedere meno chiaramente il nostro obiettivo».
IL FUTURO – Quindici giorni, quindi, in cui la Roma probabilmente proverà davvero a convincere Spalletti a restare. «Del futuro parleremo alla fine del campionato e poi vedremo come impostare il lavoro del prossimo anno, a partire dall’allenatore – aveva detto prima della partita il d.g. Mauro Baldissoni –. Di Francesco? Notizia priva di fondamento, ogni giorno ci abbinano un tecnico diverso: Montella, Di Francesco e poi Mancini. Posso dire che il prossimo allenatore della Roma sarà bravo». Ieri, per esempio, all’Olimpico c’era Paulo Sousa, un altro tra i nomi associati alla panchina giallorossa. Soprattutto dopo lo sfogo di Spalletti a Milano, una settimana fa, quando disse che se avesse potuto tornare indietro non sarebbe più ritornato alla Roma. «Ma va contestualizzare la risposta sull’ennesima domanda su Totti – chiude il d.g. –. Ci siamo trovati a gestire l’addio al calcio di Totti, il più importante giocatore italiano della storia. Il suo sfogo era legato a questo, ma Francesco avrà una grande carriera anche da dirigente».