Corriere dello Sport (B.Conti) – Ho conosciuto Francesco quando era un ragazzino. Io giocavo ancora in prima squadra e lui era alle giovanili. Lo aveva preso Gildo Giannini dalla Lodigiani e già da piccolo si capiva che era un fenomeno. Giocava sotto età in tutte le squadre del vivaio giallorosso, aveva doti incredibili. E’ bastato poco tempo per vederlo in prima squadra. Quella Primavera aveva altri ragazzi forti. Erano quelli del ‘76 come Francesco, era una squadra interessante. Ma ciò che mi lega a Checco è il rapporto con la famiglia, con Fiorella ed Enzo, gente semplice, come me, ci siamo subito trovati bene. Quando ho smesso di giocare e Francesco cominciava a far parte della prima squadra stabilmente, vederlo fare quei numeri era straordinario. Ha sempre avuto il gol nel sangue. Ha sempre segnato tanto, in ogni categoria giovanile. Il suo è stato un inizio di carriera da predestinato. Lo vediamo oggi a quaranta anni e non è cambiato nulla: fa le stesse cose di venti anni fa. Io ho avuto la fortuna di crescere nella Roma e di finire con la maglia giallorossa addosso, proprio come farà lui. Posso capire le sue emozioni, il suo stato d’animo. Ti rendi conto che il rapporto con la gente cresce con il passare del tempo. Ho avuto la soddisfazione di portare all’Olimpico 80.000 persone per l’addio al calcio. Lo stesso forte abbraccio lo avrà lui quando arriverà il momento di smettere e spero che quel giorno sia il più lontano possibile. So che sarà un giorno triste anche per lui, come lo è stato per me. Ma Francesco ha voluto percorrere questa strada, ha voluto chiudere con la Roma e rispetto a me poteva avere ancora maggiori possibilità di vincere tanto cambiando casacca. Invece sta lì, è ancora sul pezzo e ti risolve le situazioni difficili. Si parla tanto di Francesco, delle sue qualità di campione, ma forse viene sottovalutato quello che è il suo rapporto con la gente. Totti ha sempre dimostrato sul campo il suo amore per il calcio e il rispetto per i tifosi. Sono orgoglioso di avere un rapporto vero con Francesco, prima di tutto come uomo, poi come calciatore. Lui in campo fa cose che nessuno sa fare e questo amore per la maglia se lo porta dentro e lo dimostra ogni giorno. Per come si sta allenando e per lo stile di vita da professionista che rispetta rigorosamente. Non ci siamo mai allenati insieme, avevo appena smesso quando Boskov lo chiamava in prima squadra. Ma essere a contatto con lui per me è stato come dare continuità alla mia carriera. Quando Francesco era in Primavera io allenavo i ragazzi dell’80, la squadra dove c’erano De Vezze, Blasi, Moscardelli. Quando finivo gli allenamenti mi fermavo a guardarlo. Faceva cose straordinarie. Ho un solo rammarico. Quando ho accettato l’incarico di guidare la prima squadra, nella stagione con i quattro allenatori cambiati, Francesco era fuori per una lunga squalifica. Quell’anno abbiamo sofferto molto, ci siamo messi al sicuro solo nelle ultime partite, con la vittoria di Bergamo. Se lo avessi avuto a disposizione non avremmo corso pericoli. Mi è mancato, ma lui è stato più male di me, sapendo di non potermi aiutare. Anche da fuori mi è stato vicino, è stato molto collaborativo. Ricordo la rabbia che aveva per quella stagione andata male, nella quale dopo la sconfitta di Parma vedemmo lo spettro della retrocessione. Ho poi tanti momenti privati che mi legano a Francesco, tanti ricordi che riguardano anche le nostre famiglie. Quando vado allo stadio incontro sempre mamma Fiorella all’ingresso 11 della Monte Mario, dove siamo vicini in tribuna. Abbiamo trascorso le vacanze insieme a Villasimius. C’è stato un rapporto stupendo anche con i miei figli, Andrea e Daniele. Anche Francesco e Daniele sono amici, si sentono. Eppure in campo quando si sono ritrovati da avversari se le sono date di santa ragione. Daniele era attaccato alla maglia del Cagliari come Francesco a quella giallorossa. Sono simili come carattere in campo. Ma l’amicizia è sempre rimasta intatta. Ricordo quanto Francesco è stato vicino a Daniele dopo il grave infortunio con Burdisso. Il nostro è un rapporto sincero, leale, senza nessun interesse, raro nel nostro mondo. E anche oggi è tutto rimasto come venti anni fa. Quando ci incontriamo ci abbracciamo e ci scappa da ridere. Io credo che Francesco possa continuare a giocare ancora. Lo penso perché vedo come si allena, come sta fisicamente. Poi io ho un’idea in testa. A Trigoria abbiamo pochi trofei in bacheca. Ho suggerito di creare un museo di Francesco Totti, con tutti i suoi trofei, le sue maglie. Mi auguro di vederlo giocare un altro anno ancora, per come lo conosco se sta così difficilmente si fermerà. Sì, spero di vederlo ancora, da tifoso, da sportivo, da innamorato della Roma. Mi viene la pelle d’oca solo a pensare a quando smetterà, per quello che Francesco rappresenta per i tifosi. So che quel giorno la gente piangerà allo stadio.