Vagabondo, lo chiamavano a Firenze. Dove significa pigro e malandrino che gira con la testa abbassata non per umiltà bensì per non sprecare energie a contrastare l’attrazione terrestre. Ma pure uno che quando alza gli occhi mostra quel lampo che strega le ragazze e spinge gli uomini a chiedersi se in fin dei conti non l’abbiano giudicato male. Adem Ljajic ha il nome del primo uomo, che è tale anche per i musulmani, e il ragazzo è talmente musulmano che ha rinunciato anche alla Nazionale serba pur di non cantare l’inno.
Dalla costola di Adamo è nata la Roma nuova, quella del secondo tempo contro il Verona. Lui era in panchina perché è giusto così quando qualcuno arriva in una squadra con la fama di non essersi allenato troppo bene. In fin dei conti vagabondo lo è davvero e da Firenze voleva andare. La Roma ieri si lasciava scuotere dalle onde priva del soffio della vita.
ADAMO E LAMELA – Ma poi non basta, perché il calcio è guardato dai poeti e dai matematici, dai pianisti e dagli statistici. Se Ljajic deve essere Lamela lo sia fino in fondo. Lamela ha segnato all’esordio e Adamo segna all’esordio, spostando il pallone in mezzo alle maglie color crema pasticcera e frustando l’angolo basso della rete come se lo detestasse. Aveva commesso subito il suo primo peccato, Adamo. Osando dire: solo la Juventus è migliore di noi. Il guardiano della morale Rudi Garcia lo ha immediatamente segnato: queste cose non si dicono, si dimostrano sul campo. E per punirlo, ma anche per metterlo nelle condizioni di piazzare i fatti al posto delle parole, ha messo Ljajic nelle condizioni peggiori, nel secondo tempo di una partita coriacea, al posto di Florenzi che consegnata l’anima a Livorno ieri ha sbucciato il pallone sottoporta e si è irritato con se stesso fino a escludersi dal campo. L’Adamo errante al posto di un pezzo della trimurti romana della squadra. E’ possibile farlo, evidentemente. Garcia lo ha fatto.
BASTA CHIACCHIERE – Ljajic giura di non essere cattivo. Al pari di tutti gli Adamo, deve sempre chiedere perdono di qualcosa. Quando lo hanno abbracciato e festeggiato dopo il gol, che era il terzo ma con questa squadra sembra non bastino mai per stare tranquilli, lui scuoteva la testa e sembrava dicesse: e che cosa ci sarebbe di strano, davvero avete dato retta a tutte quelle chiacchiere? Sempre con la faccia abbassata verso terra, senza umiltà e anzi con la convinzione di non aver bisogno di perdono da parte di nessuno. Il peccato, Lamela, Adamo e sembra davvero di essere in mezzo a una storia edificante, di delusione e riscatto. Che si conclude con un silenzio ammirato, finalmente. « Non ne potevo più di sentire parlare di me. Adem Ljajic sul mercato, al Milan, alla Fiorentina. Ora sono qui e ne sono felice. In una squadra che gioca bene, piena di campioni, con Totti che è straordinario sia dal punto di vista tecnico sia da quello umano. Sono stato fortunato anche a giocare con la Fiorentina. Poi ho scelto la Roma, bravi compagni, un allenatore che mi ha spiegato con chiarezza quello che vuole da me. Tanto che tiri del genere ne provo spesso in allenamento. Ne vinciamo parecchie se giochiamo così ». Dalle costole di Adamo sgorga una risata possente.
Corriere dello Sport – M.Evangelisti