“Mi dispiace per Erik. Mi dispiace per Erik”. Lo ripeteva ieri mattina Pablo Daniel Osvaldo a Trigoria prima, durante e dopo l’incontro del Bernardini con la squadra e con l’allenatore, e con Franco Baldini e Walter Sabatini.
Osvaldo rammaricato e pentito per il colpo dato e Lamela più preoccupato per la sorte del suo compagno che dell’accaduto. Quello è passato, non in cavalleria perché Luis Enrique ha ritenuto che la cosa non dovesse e non potesse finire così. È l’allenatore che ha chiesto la sanzione e che deciderà il provvedimento disciplinare: Osvaldo dovrebbe essere “sospeso” per dieci giorni, saltando la prossima partita di Firenze. Ieri Osvaldo non si è allenato, ma non è stato per effetto della sanzione. Eventuali effetti di questa saranno valutati oggi. La sanzione economica – alla Roma non piace il termine multa – sarà salata, si parla del 30% dello stipendio mensile. Non soltanto un provvedimento simbolico, quindi. Adesso la Roma la proporrà alla Lega. Osvaldo è dispiaciuto nei confronti di Lamela e di tutta la squadra, sta pensando di portare tutti i suoi compagni a cena fuori.
Ieri lo ha chiamato Nicolas Burdisso. Il Bandito ha chiamato anche Lamela. Ha sentito entrambi e ha cercato, diversamente, di tranquillizzare tutti e due. Burdisso, anche se col ginocchio operato, dolorante e distante fisicamente dal Bernardini, continua a pesare – eccome – nello spogliatoio. Soprattutto in situazioni come queste, perché sono queste situazioni che possono svoltare o meno il destino di un gruppo e quindi di una squadra. Quello che è successo immediatamente dopo Udinese-Roma non poteva lasciarlo indifferente, visto che è “cosa di spogliatoio, cosa di gruppo”, con qualcuno che ha fatto presente a Bojan, José Angel e, appunto, a Lamela che in campo si deve dare di più. Mentre Angel e Bojan hanno soltanto ascoltato, Lamela (che al Friuli non ha passato un pallone a Osvaldo in una posizione migliore di lui e nel primo tempo s’è lasciato cadere in area cercando quasi provocatoriamente un rigore inesistente) in qualche maniera ha risposto. Pare che sia partita una bottiglietta, nemmeno indirizzata a Osvaldo anche lui arrabbiato per la mancata cattiveria in campo di qualche suo compagno. Dalla scintilla, il fuoco è sempre immediato. Poi il fattaccio.
Ieri mattina Luis Enrique con la squadra non ha forzato la mano, era già alta la tensione. Non serviva. Serve soltanto far rispettare le regole. Ci sono apposta. Da ieri tutti lo hanno capito un po’ di più. La sua discussione è stata quasi più tecnica (anche senza far ricorso alle immagini) che sui comportamenti di una squadra emaciata, timida e pallida contro l’Udinese. Il paradosso è che Pablo Daniel Osvaldo, sia a Luis Enrique, sia ai dirigenti della società, era piaciuto tantissimo proprio dal punto di vista dell’impegno sul terreno del gioco. Da quel punto di vista era stato addirittura giudicato il migliore. Poi ha esagerato. Poi ha sbagliato. Perché va bene il fuoco, vanno bene le palle, e va bene l’essenza testaccina e romanista, ma il rispetto, principalmente verso un tuo compagno di squadra, non deve mai venire meno. D’altronde proprio così Baldini ha definito il comportamento di Osvaldo: “mancanza di rispetto”. D’altronde è innanzitutto quello che Luis Enrique vuole: è il rispetto verso se stessi, cioè verso la Roma.
Il Romanista – Tonino Cagnucci