L’Italia è Immobile. Azzurri lenti e spenti. L’Israele fa soffrire. Poi il laziale ci sveglia

La Gazzetta dello Sport (F.Licari) – Non è l’apocalisse ma neanche quello che serviva. Una «ripresina» di quelle annunciate dai governi in difficoltà, speriamo non seguita da un autunno caldo. L’Italia è ancora sotto shock per il Bernabeu: ha paura di un altro scivolone, non ha ben capito come recitare quest’enigmatico 4-2-4, quindi si fa piccola anche contro il piccolissimo Israele. Vince però, e almeno la missione playoff è compiuta: basta un punto per tagliar fuori definitivamente l’Albania, vedi che soddisfazione. Ma il resto non è esattamente quello che ci voleva per scacciare qualche incubo: non c’è il dominio, l’esaltarsi di una grande contro rivali modesti. Mentre la Spagna ne rifila impietosa altri 8 al Liechtenstein, noi soltanto uno, del solito Immobile confusionario ma risolutivo: merito da condividere con l’asse Zappacosta-Candreva che esprime l’unico dato tecnico significativo per Ventura. Quando il terzino del Chelsea entra nella ripresa, al posto di Conti infortunato, trasforma la fascia destra in un bel serbatoio di profondità e pericoli. Male invece, ancora, i più attesi Verratti e Insigne.

4-2-4 NON COSÌ – Poteva finire più di 1-0, ma il giudizio non sarebbe cambiato di tanto: il fortino israeliano regge anche perché gli azzurri, nei pressi dell’area, sono imprecisi e frenetici. Parliamo del secondo tempo, perché il primo è addirittura peggio che in Spagna: lì almeno c’erano avversari di un altro pianeta. Israele si piazza invece con un 4-1-4-1 elementare, che sconosce il pressing e lascia libertà d’impostazione, quasi confidando nei problemi di gioco azzurri. All’andata Verratti aveva preso in mano l’Italia, qui non avrebbe dovuto rassegnarsi all’appoggio laterale. Ma è tutto il sistema che non va. Il 4-2-4 lascia intravedere qualche distanza più corta soltanto per gentile concessione di Israele che, visti i nostri impacci, tenta anche il colpo grosso. Decisivo è Conti con un salvataggio sottorete, ma per il resto il milanista è sempre tagliato fuori dalla manovra, trascinando con sé nel limbo anche Candreva. Non parliamo dei quattro d’attacco: Insigne non è quello di Sarri, Immobile-Belotti sono incomprensibilmente vicini e non si muovono senza palla.

ZAPPACOSTA-CANDREVA! – Per rimediare a un sistema che non può avere sbocchi, non quando tutti si schiacciano sulla linea d’attacco senza fare movimento né dare profondità, ci vuole anche l’aiuto del caso. Il cambio obbligato trasforma, letteralmente, l’Italia: perché Zappacosta a destra interpreta il 4-2-4 come si deve, accompagnando Candreva e proponendosi per scambi e sovrapposizioni che fanno venire il mal di testa a Rafaelov e Davidadze. Non s’è ancora allenato con il Chelsea ma ha giocato con mentalità offensiva, sfacciata: a ottobre la Premier potrebbe restituirci un esterno fondamentale, anche se non sarà lui a ribaltare la situazione. Servirà altro, tipo ammettere che Insigne non può giocare così largo e ha soltanto la dimensione del 4-3-3 (o 3-4-3). Tipo capire se Verratti è recuperabile psicologicamente, anche se il «giallo» di ieri gli negherà la Macedonia. Servirebbero soprattutto più mezzali per ampliare le soluzioni tattiche: così il 4-2-4 non è buono neanche contro le piccole.

FASCE PERICOLOSE – Zappacosta, Candreva e Immobile risolvono. Belotti sbaglia e resta a secco. Insigne non vede la porta. Nel finale Buffon ci salva da un terribile 1-1. Contro Macedonia e Albania, a ottobre, dovremo lavorare anche in prospettiva playoff: oggi, da teste di serie naturalmente, troveremmo al sorteggio una tra Islanda, Svezia, Bosnia e Montenegro, tutte medie, ma tutte superiori a Israele. E poi, in caso, il Mondiale: alla fine di questo turno saremo tra la 14esima e la 16esima posizione del ranking Fifa, ben lontani dalla prima fascia. Due partite per cambiare il ranking (i playoff non contano), quattro per andare in Russia, e i prossimi mesi per ripensare l’Italia. Prima che sia tardi.

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