Corriere dello Sport (R. Maida) – Dai momenti di crisi esce sempre qualcosa di buono. La Roma è un punto interrogativo, è un’opera incompleta e incomprensibile, ma sta scoprendo un futuro che le consente di immaginarsi bella. I gol di Volpato e Bove, ma anche la buona partita di Zalewski contro il Verona, sono tre indizi che fanno una prova: c’è un grande lavoro dietro ai risultati concreti, un’organizzazione invisibile che tiene accesa la speranza.
Mourinho ad esempio ha le sue responsabilità per il gioco scadente e l’ottavo posto in classifica. Però ha anche la passione e l’umiltà di osservare le partite dei giovani per capirne le potenzialità. È stato lui a lanciare Felix quando nessuno ne conosceva l’esistenza. Ed è stato sempre lui, non solo per necessità, a ricorrere ai tre ragazzi, due 2002 e un 2003, per organizzare la rimonta a Tudor.
Sono innegabili in questo processo anche i meriti di Alberto De Rossi e Bruno Conti, due santoni del calcio giovanile. Ma va rimarcato il ruolo di Morgan De Sanctis, che nel periodo della transizione tra Pallotta e Friedkin ha ristrutturato completamente il settore giovanile, ora affidato a Vincenzo Vergine.
Senza grandi disponibilità economiche, De Sanctis ha comprato Felix per 300.000 euro e Volpato per 90.000, chiedendo ed ottenendo un tetto salariale per tutti i ragazzi della Primavera.
Parte anche da qui, da un codice etico-economico, la nascita di un prodotto efficiente. La Roma si è resa conto che i contratti di vecchia generazione hanno creato problemi, agli stessi giocatori: Riccardi e Bouah, per citare gli esempi più eclatanti, si sono persi dentro alle aspettative che i loro stipendi hanno inevitabilmente creato.