Corriere dello Sport (R.Maida) – Zitti e buoni, tuonerebbe Damiano dei Maneskin che l’altra sera era all’Olimpico per sostenere la Roma. Ma certo la combinazione 4 per 4 che Mourinho ha prodotto a Salerno, quattro gol per la vittoria in altrettante partite, ha alimentato l’eccitazione e l’ambizione e i tifosi.
L’elemento fortemente simbolico di una nuova era, oltre a Mourinho, è Tammy Abraham, che ha segnato la prima rete nella Roma alla seconda giornata, sul campo di una neopromossa e all’interno di un 4-0: lo stesso era capitato a Gabriel Omar Batistuta nel 2000, in quel caso a Lecce, e non occorre ricordare ai romanisti come sarebbe finito quel campionato.
Ovviamente è presto anche solo per pronunciare la parolina magica, figurarsi per immaginarla davvero addosso. Ma la sensazione che si avverte a Trigoria, e non solo, è che la Roma abbia davvero intrapreso un percorso virtuoso, tanto da portare Mourinho ad ammettere che “voglio accelerare un po’ il processo, non voglio arrivare settimo/ottavo“.
E mentre lui conquista ogni giorno di più il romanismo, Abraham gli sta facilitando il lavoro migliorando il rendimento offensivo di tutta la squadra. All’Arechi in tanti hanno ammirato il gol, ma il fattore più importante di queste prime partite è un altro: Abrahm sa tenere in scacco le difese avversarie e liberando spazio per i centrocampisti, che infatti arrivano in porta con una facilità insolita.
L’azione più bella della partita contro la Salernitana, quella del 2-0 di Veretout, nasce da uno spunto improvviso di Abraham. Dopo aver faticato per un tempo a sbarazzarsi delle premure di Gyomber, Abraham segue l’indicazione di Mourinho di andarsi a cercare il pallone più in basso; si libera con un gioco di prestigio di un avversario sulla linea laterale e scompiglia la difesa di Castori; quando la palla gira dall’altra parte si avvicina all’area, riceve palla da Perez e spalle alla porta serve Mkhitaryan, che poi imbuca per Veretout. Tutto in velocità, tutto i prima.