Il Messaggero (A. Angeloni) – La caduta rovinosa contro il Lecce del 1986 ormai rischia di essere passata in prescrizione. Ma, a ripensarci, ancora fa male. A cascata si ripresentano quei fantasmi, le tante, troppe occasioni buttate come quella lì. Incubi che crescono a seconda degli obiettivi dichiarati e persi: quel giorno di fine campionato del 1986 la Roma di Eriksson si giocava lo scudetto, lo avrebbe praticamente vinto con una vittoria sui pugliesi.
Invece, una sconfitta fragorosa e inaspettata. Andiamo avanti con gli incubi: Capello sbatte, 2-2, contro il Venezia retrocesso, anno 2002. Un altro mezzo scudetto buttato.
Non va meglio a Spalletti, che inciampa con il Livorno in casa, in piena rincorsa scudetto, nel 2009, per non parlare poi di Ranieri che, nel 2010, viene sconfitto all’Olimpico dalla Sampdoria, dopo aver sorpassato la rivale Inter nello scontro diretto e quando ormai mancavano tre giornate alla fine. Il controsorpasso della squadra di Mourinho, la sera di quel dannato 25 aprile 2010 con i blucerchiati, è stato fatale ai giallorossi.
Veniamo ai giorni nostri. La Roma di Roma ci ha messo del suo, senza raggiungere i livelli precedenti, se non altro perché parliamo di obiettivi diversi. Alla quarta di campionato, dopo tre vittorie e un pareggio, la Roma va a Udine. Poteva essere la chance per una prima accelerazione verso l’alto, invece arriva una sconfitta. Pure pesante: 4-0. Un altro clamoroso stop arriva a novembre, prima della sosta per il Mondiale in Qatar.
La squadra di Mourinho, dopo aver perso il derby contro la Lazio, ha due chance di rimettere a posto la situazione. Sassuolo e Torino attaccate, per poi salutarsi e ridarsi appuntamento a gennaio. Sei punti facili? Macché. Ne arrivano solo due. Le due partite con la Cremonese, l’eliminazione dalla Coppa Italia e quella del 28 febbraio (prima vittoria in campionato della formazione grigiorossa), aggiungono solo un tocco di malinconia.