Nel calcio, come nella vita, credere in qualcosa non è obbligatorio ma molto spesso aiuta. La differenza tra Lecce e Roma l’ha fatta anche questo. I salentini uscivano da una settimana terribile: domenica il pareggio 0-0 con il Cesena e i fischi di tutto lo stadio, i giorni dopo le pesantissime voci sul calcio scommesse, tutte da verificare ma in ogni caso molto preoccupanti. La Roma aveva l’occasione, vincendo, di rilanciarsi in pieno nella lotta per il terzo posto. Se era una prova di maturità, il Lecce l’ha superata e la Roma fallita nella maniera più clamorosa. Al 56’ il punteggio diceva 4-0 per la squadra di Cosmi (doppiette di un incontenibile Muriel e del «grande vecchio» Di Michele) e solo lo psicodramma di Lecce-Milan (da 3-0 a 3-4) faceva sì che qualche tifoso salentino potesse ancora temere qualcosa. Sono arrivati due gol romanisti, di Bojan e Lamela, ma a partita strafinita. Gli ultimi minuti, con i gol del Siena a Bergamo e della Fiorentina contro il Milan, hanno rovinato una classifica che si stavamettendo bene. Per la sintesi della gara bastano poche righe: il Lecce ha giocato la partita che voleva, facendo densità a centrocampo e aspettando l’errore che la Roma commette sempre. Giacomazzi ha imbucato una palla in verticale, Heinze è «salito» mentre José Angel e Kjaer restavano bassi e così Muriel è andato da solo in porta. Da lì è nata la catastrofe. Per chi, invece, vuole porsi un quesito tattico si può discutere a lungo su Totti: quando c’è sembra a molti sul viale del tramonto, quando non c’è la Roma gioca nettamente peggio.
Le domande che tutti si pongono sono: la squadra segue ancora Luis Enrique? L’asturiano dovrebbe dare le dimissioni? Dove è la crescita nel gioco dopo otto mesi di lavoro? La società ha confermato la fiducia nel tecnico. Luis Enrique, sul discorso, è stato chiaro: «Dimissioni? L’idea non mi passa proprio per la testa». Però è sembrato «dimissionario » sedendosi per 70 minuti in panchina e non facendo neppure un cambio, quasi volesse punire gli undici che aveva scelto come titolari e che lo avevano deluso. E la frase più grave è stata un’altra: «Poco carattere? Ognuno interpreta il calcio con la sua personalità, che non si compra al mercato. Però sarebbe facile parlare solo dei calciatori, mi prendo io tutta la responsabilità. È una sconfitta troppo pesante, dopo il primo gol la partita è morta per noi». Così come pesante—e da interpretare— è stata la frase del direttore generale Franco Baldini: «Ci stiamo chiedendo perché la Roma fatichi a crescere. Soffriamo le squadre che fanno della voglia la loro arma. Dal punto di vista caratteriale, non da quello tecnico, possiamo aver sopravvalutato alcuni giocatori ».
La caccia ai bersagli è già partita e la scelta è ampia. Ma la vera domanda è: perché Baldini, che conosce benissimo la piazza romana, ha buttato il sasso nello stagno? Erano arrivate anche a lui le voci di una discussionemolto animata in spogliatoio, a fine gara, tra i senatori e i più giovani, con Lamela nel mirino? Una parola in più, questa senza nessun mistero e nessun dubbio, la merita Luis Muriel: due gol, un rigore guadagnato, giocate sempre di qualità. È un ragazzo colombiano di 20 anni, già al settimo centro in campionato, di grandissime potenzialità. Indovinate di chi è il cartellino? Risposta esatta, dell’Udinese. Sarà lui il post Di Natale nel segno di una grande programmazione. Proprio l’Udinese che la Roma incontrerà mercoledì sera all’Olimpico, dopo una Pasqua passata sul campo di allenamento e non a casa, come era previsto, per riflettere su tutto quello che è stato sbagliato a Lecce.
Corriere della Sera – Luca Valdiserri