Pagine Romaniste (M.Rossi) – Pagelle di inizio anno con gennaio che, come spesso accade, si rivela mese infausto per la Roma: la posizione di Fonseca è in bilico come non mai e a Trigoria la confusione regna sovrana. A regnare però sono anche le milanesi, che in campionato si prendono le luci della ribalta e il ruolo reclamato dal loro blasone.
Milano 10: Quando qualcuno disse che per restituire appeal al campionato italiano c’era bisogno del ritorno delle milanesi aveva ragione, e i fatti lo dimostrano. Dopo anni di dominio, la supremazia juventina (e la conseguente noia) vacilla grazie al ritorno di Inter e Milan, smarritesi per quasi due lustri dopo i residui tossici lasciati da Mourihno e Berlusconi: proprio coloro che ne hanno determinato la grandezza in tempi recenti. Oggi Milan e Inter occupano le posizioni più nobili della classifica di A e restituiscono al calcio italiano il dolce sapore dell’incertezza che da troppo tempo era andato perduto.
Neopromosse 8: Crotone a parte, le neopromosse di questa stagione sembrano intenzionate a vender cara la pelle, nonostante i pregiudizi determinati dallo scarso appeal del loro nome le indicassero come facili vittime sacrificali. Benevento e Spezia stupiscono non solo per i risultati ottenuti sul campo, ma anche per la qualità del loro calcio, sempre propositivo anche davanti ad avversari sulla carta ingiocabili. I liguri si concedono anche la ciliegina sulla torta del passaggio di turno in Coppa Italia in casa della strafavorita Roma, in attesa di incrociare nuovamente le armi in campionato.
Lorenzo Pellegrini 8: Uno dei pochi a mostrare segni di vita in campo nella partita contro lo Spezia, ma soprattutto l’unico a farsi venire dubbi sulla liceità del nefasto cambio nei supplementari, dimostrando una parvenza di lucidità che sembra smarrita in quel di Trigoria.
Ranieri 6: La sua Sampdoria naviga in acque tranquillissime, e non è cosa così scontata vedendo le fatiche di altri club importanti come Torino e Genoa. Più che i risultati, a deludere è la povertà tattica offerta dalla squadra, incapace di imporre il proprio gioco con avversari di minor tasso tecnico e troppo arrendevole contro le squadre più dotate qualitativamente. L’ostinata tendenza a giocare con un’unica punta suscita mugugni tra la tifoseria blucerchiata, storicamente poco incline alla pratica dell’indulgenza. Anche quando ti chiami Claudio Ranieri.
Dzeko 5: Non è il principale problema della Roma, ma dal giocatore dotato di maggior talento e livello tecnico ci si aspetterebbe un altrettanto significativo apporto in termini di personalità, che purtroppo spesso viene a mancare nelle partite clou della stagione. L’impressione è che anche la società inizi a stancarsi dell’apatia che periodicamente colpisce l’attaccante giallorosso: dal “cigno di Sarajevo” al “canto del cigno” il passo potrebbe essere breve.
Fonseca 5: La posizione in classifica della Roma è ancora congrua rispetto al potenziale della squadra e finora l’andamento è stato lineare: vittorie con le squadre più deboli, pareggi o sconfitte con quelle di livello pari o superiore. A non essere congruo, però, è lo spettacolo offerto in quest’ultima settimana: batosta in un derby mai giocato, eliminazione in Coppa Italia contro una squadra di rango inferiore e inquietanti segnali (come il pasticcio nei cambi e la doppia espulsione in tempi record) che denotano confusione e nervosismo dei quali Fonseca non può non essere considerato corresponsabile. Per il bene della Roma, ci auguriamo che paghi per le sue colpe, e non anche per quelle degli altri.
Giampaolo 4: Dopo i fasti di Genova, chiude malinconicamente la sua avventura nel triangolo industriale raccogliendo il secondo esonero consecutivo nelle due stagioni vissute nel Milan e nel Torino, non riuscendo ancora una volta a superare i rigori del generale Inverno. Lascia i granata in piena zona retrocessione, ma non da maggiore responsabile di una situazione costruita sulle scrivanie di via Arcivescovado.
Liste&Cambi Roma 0: Se servono tre indizi per fare una prova, ne bastano due per capire che a Trigoria c’è un grosso problema di professionalità in alcuni settori dell’organigramma societario. La diabolica perseveranza con la quale si insiste su certi errori issa sul carro delle responsabilità anche i vertici societari, rei di non essere intervenuti con efficacia già quando scattò il campanello d’allarme a Verona.