Corriere della Sera (S.Agresti) – L’allarme è triplo. Perché la Lazio non ha molti giocatori convocati in Nazionale (appena sette più i ragazzini portoghesi Pedro Neto e Bruno Jordao), ma di quei pochi almeno tre sono a rischio, o comunque tengono in apprensione. C’è ansia innanzitutto attorno a Ciro Immobile, atteso dal doppio confronto con la Svezia, «la sfida più importante della mia carriera perché vale un Mondiale», e la affronta non al massimo della condizione. «Domenica durante il riscaldamento, prima dell’Udinese, ho avuto buone sensazioni: ero pronto per giocare, ma con quel campo ho preferito che l’incontro sia saltato». Come e quanto lo impiegherà il commissario tecnico Ventura? Difficile immaginare che non sia titolare almeno nella gara d’andata, in Svezia, considerati i gol segnati e il rendimento d’inizio stagione; poi si vedrà in base all’andamento della prima partita.
Un po’ di inquietudine accompagna anche Luis Alberto e Milinkovic-Savic, i quali hanno coronato il loro sogno – la conquista di un posto nelle rispettive nazionali – ma sono attesi da un programma massacrante. Lo spagnolo giocherà a San Pietroburgo martedì e non sarà a Roma prima di giovedì, a 48 ore appena dal derby. Quel giorno arriverà anche il serbo, ma da una destinazione ancora più lontana: l’Oriente. La sua selezione sarà in campo venerdì in Cina e martedì in Corea del Sud, una trasferta molto più lunga e stancante rispetto a Luis Alberto: chissà se riuscirà a recuperare tutte le energie prima della Roma. Ma perché la Lazio ha un numero così ridotto di convocati? Sono sette, dicevamo: oltre ai tre citati, ci sono Parolo, Strakosha, Lukaku e Murgia. Il fatto è che sono rimasti a Roma innanzitutto De Vrij, guida difensiva dell’Olanda che si sta ricostruendo dopo l’eliminazione mondiale, nei confronti del quale il c.t. Advocaat ha avuto un occhio di riguardo, e poi Lulic e Marusic, non impegnati rispettivamente con Bosnia e Montenegro.
Intanto si continua a discutere di curva chiusa. È uscita allo scoperto anche l’Unione consumatori, che attraverso il suo vicepresidente, Denis Nesci, ha sposato la linea di Lotito: «Non possiamo accettare che tutti i tifosi, anche quelli che non hanno commesso nessun atto irrispettoso verso il popolo ebraico, paghino con la chiusura della curva. Per questo sosteniamo la battaglia di Lotito e chiederemo il rimborso delle partite a porte chiuse per tutti i tifosi estranei ai fatti».