Il Messaggero (U. Trani) – A sentirli, tutt’e due abbastanza spavaldi a parole, Pioli e Garcia tranquillizzano i maligni: nessuno vuole il pari, come accadde il 15 maggio 2005, con lo 0 a 0 della vergogna capitale. Lì, per la paura della retrocessione, la Lazio e la Roma toccarono il fondo, pasteggiando in campo con il biscotto che fu indigesto per le tifoserie e umiliante per il prestigio dei club. Oggi pomeriggio sarà diverso: in palio c’è il secondo posto, cioè il miglior piazzamento possibile nell’altro campionato, quello delle pretendenti al titolo, vinto per il 4° anno di fila e ancora senza storia, dalla Juve. Arrivare dietro ai campioni d’Italia, pur se con distacco notevole e significativo, è l’obiettivo minimo della stagione per i giallorossi, massimo per i biancocelesti. E il derby dei derby, per la prima volta piazzato alla penultima curva del traguardo, diventa in questo senso ancora più ingombrante. Il risultato (qualsiasi) cambierà (per forza) la classifica e la stagione. Di entrambe.
OLTRE LA CLASSIFICA – Solo 1 punto separa la Roma, già sicura dei preliminari Champions, dalla Lazio, a 1 punto dalla meta, cioè dal ritorno nella competizione europea più prestigiosa. La sconfitta del Napoli, sabato sera allo Stadium, dovrebbe rendere ancora più spettacolare la sfida dell’Olimpico. Perché nè Pioli nè Garcia sono più chiamati in teoria a fare calcoli. E’ vero che il pari andrebbe bene a entrambi: al francese per poi prendersi il secondo posto nella partita di domenica contro il Palermo all’Olimpico e all’emiliano per assicurarsi i il terzo posto e giocarsi tutto al San Paolo il 31 maggio. Ma mai come stavolta i due tecnici farebbero bene a pensare solo al successo. Possono permetterselo, perché non rischiano niente. Sono lassù. Insieme sulla giostra. Anche i biancocelesti vedono vicinissima la Champions. Il derby dei derby è da giocare e basta. Senza timore. Senza essere condizionati dalla eventuale figuraccia o semplicemente dalla sconfitta. A viso aperto, dunque. Per la gente. E per dimostrare chi è più forte. Evitando, però, di esagerare con la presunzione. Che è nel dna di entrambi.
MUOVE CHI INSEGUE – Chissà se vedremo davvero i due allenatori davanti alla scacchiera con l’intenzione di mettere in crisi il rivale. Di sicuro la prima mossa spetterà a Pioli che, pure se non dovesse recuperare Biglia, sembra in ogni caso pronto a tornare al 4-2-3-1 che sorprese i giallorossi all’andata. Nella formazione di partenza, rispetto alla sfida dell’11 gennaio, mancheranno, però, Cana, Radu e a quanto pare Djordjevic. Biglia vuole esserci: resterebbe fuori Cataldi. Con Lulic terzino e Mauri trequartista, l’assetto sarebbe sempre spregiudicato. Per il sorpasso. Anche se è l’equilibrio a volte a fare la differenza, a prescindere dagli interpreti scelti. Pioli, se deciderà di rischiare, vuol dire che si fida della Lazio. Che già ha raccolto tanto. Più del previsto. E non è ancora sazia. Così si spiega il rombo offensivo con Mauri dietro a Klose, più Felipe Anderson e Candreva sui lati. Sulle corsie si decide il match. Lo sanno a Formello e anche a Trigoria.
OFFESO ALLA META – Il fiato sul collo, a quanto pare, infastidisce Garcia. Mai, da quando è a Trigoria, ha avuto la Lazio così vicina prima di affrontarla: nel campionato scorso alla 4a giornata aveva 3 punti di vantaggio e alla 23a addirittura 22 (e 20 gol in più: 49 a 29); in questo torneo, alla 18a, 9 punti. Oggi, però, ha 2 risultati su 3, da sfruttare anche tatticamente. Non per difendersi, ma per ritrovare la compattezza tra i reparti che spesso, nella stagione, è venuta meno al primo imprevisto. Florenzi, Nainggolan e Ibarbo lo possono aiutare, offrendo la corsa per l’ultimo sprint. Altri porteranno in campo la rabbia di chi vuole riscattare l’annata deludente: Iturbe più di Doumbia e dello stesso Ibarbo che sogna il primo gol. Garcia, pronto a passare in corsa dal 4-3-3 al 4-1-4-1 o al 4-2-3-1 , ha voluto indicare come favorita la Lazio. Psicologo più che tecnico: per scuotere Totti e gli altri. Gli investimenti sul mercato, pure quello sbagliato in inverno, e gli ingaggi dei calciatori, certificano però l’esatto contrario. Come la classifica. I biancocelesti sono dietro, ritrovarseli davanti per lui sarebbe insopportabile. Soprattutto perché a ottobre era sicuro di vincere lo scudetto.