Laziali ricompattati, romanisti divisi. La (nuova) guerra ultrà è solo all’inizio

Corriere Della Sera (A.Arzilli – G.Piacentini) – Non è stata un’azione goliardica, come qualcuno si è affrettato a dire in maniera superficiale, né un sano sfottò post derby. Lo striscione che i tifosi della Lazio hanno esposto nella notte tra giovedì e venerdì scorsi a pochi passi dal Colosseo e «l’impiccagione» di quattro manichini con indosso le maglie della Roma, è stato come un voler marcare il territorio da parte di una curva, quella biancoceleste, che negli ultimi mesi ha ritrovato la compattezza, nei confronti di un’altra, quella giallorossa, che – al contrario – continua a sgretolarsi tra le rivalità dei tanti (troppi) gruppi che la compongono. I laziali, insomma, hanno voluto stravincere un confronto che avevano già vinto in curva durante il derby, dove era comparso uno striscione passato inosservato («Romanista marameo hai sbagliato Colosseo… per attaccare uno striscione l’hai dovuto fare all’Eur») in cui già si rivendicava, in realtà, il «cambio di proprietà» del cavalcavia di via degli Annibaldi, in passato teatro delle comunicazioni romaniste. Dopo anni di boicottaggio nei confronti del presidente Lotito, gli ultrà laziali si sono ricompattati e hanno deciso di rientrare dentro lo stadio ben prima della rimozione delle barriere che dividevano il settore, uniti sotto l’immagine di «Mr Enrich», fumetto inglese simbolo degli «Irriducibili». La contestazione al presidente che descriveva la curva biancoceleste come sede di «spaccio e prostituzione», si è interrotta a fine luglio 2016, nonostante un acceso confronto interno sul da farsi: se riprendere possesso del settore o continuare nella diserzione.

I romanisti, al contrario, hanno aspettato la rimozione dei divisori, voluta direttamente dal ministero degli Interni su pressione del ministro dello Sport Luca Lotti. Proprio a Lotti è stato dedicato uno striscione («Roma giallorossa ti ringrazia») sullo stesso cavalcavia, inizialmente attribuito alla tifoseria romanista ma in realtà ideato, in segno di scherno, da quella laziale. Il quadro che esce delle due curve romane è diametralmente opposto: da una parte quella laziale, unita e compatta, dall’altra quella romanista sull’orlo del collasso. Proprio il derby, però, ha stabilito un punto di non ritorno nella curva romanista: lo sciopero deciso la sera prima della gara dal gruppo Roma (ex «Padroni di casa»), che occupa la parte bassa del settore e nel quale militano alcuni esponenti riconducibili politicamente a Casa Pound, non è piaciuto al resto della curva. Così come i cori dedicati ai diffidati per i fatti di via Palestro (aggressione in un pub ai turisti svedesi che indossavano le maglie della Lazio prima del derby del 30 aprile 2016). I «Fedayn», gruppo storico della Sud, hanno rotto il patto di non belligeranza verso la fine del derby, cominciando a cantare e trascinando il resto della curva e la maggioranza silenziosa dei tifosi. Nelle dinamiche della Sud è un punto da cui è quasi impossibile tornare indietro, che porterà ad una nuova geografia del tifo accelerando un cambio della guardia: non saranno i Fedayn a «comandare» perché non hanno mai voluto farlo; ma il gruppo Roma, su cui pendono diffide e per cui sono in arrivo daspo per il corteo che ha preceduto il derby del 5 aprile, rischia di non avere più la legittimazione. Vecchi esponenti del tifo romanista starebbero lavorando alla riorganizzazione, ma lo scenario è ancora incerto. Già oggi a San Siro potrebbe esserci una prima avvisaglia di come sarà la curva del futuro, ma il vero banco di prova avrà luogo domenica sera all’Olimpico contro la Juventus: proprio contro i bianconeri, l’11 maggio 2014 otto giorni dopo l’uccisione del tifoso napoletano Ciro Esposito, gli striscioni di solidarietà da parte di alcuni per Daniele De Santis provocarono una prima spaccatura della Sud. Tre anni dopo potrebbe esserci un nuovo inizio.

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