Domani (M. Ciriello) – In una tranquilla mattina di calciomercato, con gli arabi che si compravano gli stadi europei per abbatterli non potendo più comprare i calciatori per svuotarli, è apparso il testamento di Carletto Mazzone, saltato fuori da un’oliva ascolana. I familiari hanno deciso di renderlo pubblico perché riguardava tutti. Un pulcino della Roma è stato scelto per la lettura in piazza, rendendo immediatamente la situazione uno Zecchino d’oro calcistico. Format che unisce il mago Zurlì, el Chino Recoba e Pier Vittorio Tondelli.
Il piccolo Libero Bonaccia, detto “picchietto”, maglia, calzoncini e scarpini, nella piazza di Ascoli Piceno, è salito su una cassetta della frutta – comprata all’asta da un cinese di Pesaro ed ha letto: “Io Carletto Mazzone, allenatore, veterano, padre, nonno e soprattutto ex calciatore di un passato ormai ricordato solo da Alessandro Barbero, in piena facoltà calcistica e mentale, dopo aver vinto il venticinquesimo campionato di pennica pomeridiana dell’Italia centro meridionale, lascio: a Francesco Totti un vecchio Casio digitale in plastica con cronometro, e la mia collezione di sabbia dietro la linea di porta: nel caso perdesse il ricordo dei gol; a Pep Guardiola i terzini che salgono a prendersi lo stupore della gente di ieri, e la mia vecchia maglia della Roma per Marcelo Bielsa; a Roberto Baggio il mio quaderno degli appunti tattici, anche se lui ha la tecnica, nel caso a ottant’anni decidesse di fare l’allenatore come Gianni Rivera”.
Ad Andrea Pirlo lascio la mia corsa sotto la curva dell’Atalanta, fatta dal mio gemello Carlo II, nella speranza che si scomponga almeno una domenica; lascio i miei “Ahó” a José Mourinho che quest’anno ne ha proprio bisogno; a Claudio Ranieri lascio la voglia di continuare a dare l’anima senza farlo vedere, come quando lo conobbi a Catanzaro; tutti i miei ricordi di Catanzaro li lascio a Romelu Lukaku, che avrà anche condiviso il latte coi sorci ma c’ha la memoria de Giorgia Meloni; allo sceicco Al Thani lascio un piccolo pezzo de tera dove cresce ‘na ruchetta che levate, cavandola scoprirà il segreto della vita; a Beppe Signori lascio ‘na pinza de mi padre e ‘na pizza de mie; tutti li sguardi che s’è preso Marco Materazzi e so’ serviti pe’ vince er mondiale li lascio a Nadir Zortea; tutte le domeniche in provincia, de pioggia e pareggi, dove però se rideva, le lascio a Florentino Pérez; a Gigi Di Biagio lascio la panchina del Cagliari che è una frontiera western; a Maurizio Sarri lascio l’Uno-Tre, faglielo fa n lancio ogni tanto a quelle pore creature, Mauri’, a lui lascerei pure il posticipo del lunedì, sempre; a Vincenzo Italiano lascio il compito de anna’ ad allenare la Juventus, me sarebbe piaciuto; le mie sconfitte non potendole lascia’ a Carletto Ancelotti, dopo Perugia poi, le lascio a Cristiano Ronaldo: le mie vittorie e la mia ironia tutto a Ivan Juric, poraccio; a Jaime Báez der Frosinone lascio la possibilità di tirare sempre da qualunque parte, uno che tira le punizioni è più raro d’un romanista che fa vince lo scudetto alla Lazio; la mia voce terrigna la lascio a Lionel Messi, che nun parla mai; le tute mie le lascio a Lele Adani che pare uscito dai firme de Scorsese: la mia stanchezza di chi sa come va a finire la lascio a Luciano Spalletti; a Sottil lascio la pelata, c’ha troppi capelli; a Verratti, invece, lascio le partite de li gemelli Filippini, sto pischello nun ha mai giocato in Serie A: solo ar circo e ora in Arabia; er core mio vorrei venisse fatto a pezzi e dato a quelli che verranno convocati con le nazionali minori, me so sempre piaciuti più gli arcangeli de li santi, der pallone, s’intende; invece l’onestà che mi ha permesso de di tutto a tutti, ma non tutti me potevano di’ tutto a me, la lascio a sto regazzino che sta leggendo e a quelli come lui che ancora giocano senza pensa’ a li sordi, tanto ce stanno già a pensa li padri, er mio, invece, nun ce pensava, sarà per questo che, vabbè, se semo capiti. E Forza Roma“.