Perfetto l’incastro tattico nelle premesse della sfida del Friuli: da un lato una squadra costruita per contenere e ripartire con pochi tocchi ed in velocità, l’altra idealmente votata al gioco d’attacco ed al possesso palla.
Inizia molto alto il pressing dell’Udinese, costringendo De Rossi, che inizia basso tra i centrali, a rinunciare alla fase d’impostazione del gioco, e creando supremazia sulle fasce con i raddoppi delle coppie bianconere nelle aree di competenza. Scema la pressione degli uomini di Guidolin col passare dei minuti, ma la Roma non sembra poterne approfittare. Come al solito i veri pericoli per i giallorossi nascono da banali errori di palleggio a centrocampo, fortunatamente mal capitalizzati dagli avversari. Tutto sommato un primo tempo timido per la Roma, che solo nel finale accenna ad una accelerazione del gioco, dopo aver con decisione scelto una frazione di partita votata al controllo delle folate avversarie, attraverso una attenzione al movimento coordinato delle linee difensive sempre compatte e reattive (anche grazie ad un quasi perfetto Juan).
Ma come a Novara, la vera anomalia risiede nella posizione di Lamela, troppo sacrificato al fianco di Osvaldo, e con troppo poco spazio per mettere a frutto la sua velocità e capacità di saltare l’avversario. Inizia la ripresa con maggiore decisione, la Roma, con un miglior possesso palla, una maggiore convinzione nei propri mezzi, ma con la stessa impalpabile leggerezza nell’approccio agli ultimi 20 metri, che nemmeno l’ingresso diBojan riesce a scalfire. La costante proiezione offensiva degli esterni bianconeri costringe i dirimpettai romanisti ad un presidio delle rispettive zone, facendo mancare alle proprie punte supporto e rifornimenti importanti dalle corsie esterne. Non è del tutto giusto, fino a quel momento il vantaggio dell’Udinese, meritevole almeno di averci creduto nell’unica vera opportunità creata, ed il raddoppio sembra quasi scritto nel copione della partita.
Paga caro, Luis Enrique, l’eccessivo attendismo dei propri giocatori, ma anche il perdurante equivoco di considerare il giovane talento argentino una seconda punta e non il trequartista che è. Paga caro, il tecnico asturiano, l’ennesimo buco offerto con generosità dalla propria difesa all’interno della partita quasi perfetta giocata sino a quel momento. Prima vera stecca, quindi, sia per gli atteggiamenti, sia per i movimenti, le scelte tecniche, in definitiva per lo spirito che la Roma ci aveva abituato a far vedere sul campo.
Il Romanista – G.Caccamo
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