Il 31 agosto 2008 Jeremy Menez, un altro talentuoso, debuttò con la maglia della Roma, contro il Napoli. Entrò al 63′ ed ebbe, nel finale, l’occasione per schiodare l’1-1. La fallì. Domenica scorsa Erik Manuel Lamela ci ha messo 7 minuti per esordire, segnare un gol di classe assoluta e prendersi la Roma.
Esaltare un ragazzo di 19 anni è sempre e comunque un errore. Non si fa il suo bene. La naturalezza con cui Lamela ha piazzato il tiro «a giro» nell’angolo più lontano della porta del Palermo, però, è un segnale. Una soluzione del genere bisogna avere prima il coraggio di pensarla e poi la tecnica per attuarla. Non sono molti i calciatori che possono farlo. Tanto che, in tribuna, si è alzato ad applaudire persino Francesco Totti. Il capitano giallorosso, del resto, era stato chiaro: «Lamela è un giocatore che può fare la differenza, ma è giovane e dobbiamo farlo crescere con tranquillità perché Roma è una piazza importante, difficile. È lui il mio erede? Lo spero. Avendolo già in casa sarebbe una fortuna».
Una fortuna ben pagata: la Roma verserà (a rate) al River Plate 12 milioni di euro, più un milione di bonus alla decima presenza in prima squadra, un altro alla ventesima e 3 milioni tra tasse e commissioni. Al giocatore un contratto quinquennale a salire: da 1,8 a 2,86 milioni di euro lordi più premi a obiettivo.
Lamela ha parlato attraverso il suo account Twitter — contrassegnato dal suo soprannome, Coco — con poche ma sentite parole: «Sono molto felice perché ho iniziato a giocare e ancora di più perché abbiamo vinto. Forza Roma!». Un infortunio alla caviglia, subito con la nazionale argentina al Mondia under 20, l’aveva fin qui tenuto ai margini. Domenica si è ripreso tutto con gli interessi e domani, a Genova, dovrebbe essere di nuovo titolare.
Ma che giocatore è El Coco Lamela? Un trequartista? Un attaccante? Una partita è troppo poco per dare un giudizio, ma alcuni dati (gentilmente offerti dall’ufficio stampa della as Roma e dalla Panini Digital) forniscono una traccia.
Lamela è stato il giocatore che ha effettuato più tiri (4, come Osvaldo), che ha subito più falli (4) e che ne ha commessi di più (3). Cifre che fanno pensare a una punta ben più che a un centrocampista avanzato e a un giocatore più «stradaiolo» che da salotto.
Molto indicativa una comparazione tra Lamela e Totti nel modo di intendere le funzioni di trequartista: Totti contro l’Atalanta ha giocato 63 palloni (in 69′); Lamela domenica ne ha giocati solo 36 in 84′.
Interessante anche un dato di squadra: La Roma ha alzato molto il suo pressing, rispetto al primo tempo contro la Lazio (il secondo è stato giocato in 10 e le cifre non sono significative) e alla gara contro l’Atalanta: 50,6 metri contro 36,9 e 38,9. Il gol di Lamela è nato proprio da una palla recuperata «alta» da De Rossi. Se la Roma crede nel calcio di Luis Enrique può averne solo vantaggi.
Corriere della Sera – Luca Valdiserri