La Repubblica (G. Mura) – Un derby strano, teso (8 ammoniti) eppure sonnolento, con picchi di adrenalina quelle poche volte che s’è acceso. Un derby crudele per la Lazio, che ha fatto di più per vincere e si ritrova, sconfitta, a giocarsi il terzo posto e l’accesso alla Champions sul campo del Napoli. A 5’ dalla fine, il pareggio avrebbe portato in Champions sia la Roma sia la Lazio, e non sarebbe stato uno scandalo per entrambe accontentarsi di quel prezioso punto. Ma un derby è una partita a sé, anche psicologicamente. I due capitani, Mauri e Totti, peggiori in campo.
Lazio che fa la partita, Roma che si difende con un certo ordine. Klose che di testa manda fuori una clamorosa palla-gol. Poteva essere la svolta. Il possesso-palla (64 a 36% per la Lazio) non dice molto, De Sanctis ha svolto un lavoro d’ordinaria amministrazione. La Roma perde tempo su ogni rimessa laterale. Aspetta. È una sua scelta, che si rivelerà vincente. Sembra giù di corda. Quando Florenzi riesce a partire in contropiede, arriva sul fondo e guarda in area, non vede nessun compagno. Totti occupa una posizione da centravanti puro e non combina nulla di buono, forse condizionato da un cartellino giallo nei primi minuti.La sua creatività si svilupperà nella stucchevole esibizione di magliette, a fine gara. In realtà, la Roma cambia faccia, sostanza e partita quando esce Totti, entra Ibarbo e Iturbe passa al centro. Il resto lo fa Pjanic. Garcia ha il merito di aver pensato due versioni della Roma: una prudente, attendista e, una volta trovati spazio e profondità, più aggressiva. Se nel primo tempo la ribalta se l’erano presa Nainggolan e Florenzi, oltre a una buona copertura difensiva, negli ultimi venti minuti si torna a vedere una squadra compatta.
Compatta e vincente, anche se il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Giochi del caso, gol di Iturbe, che fino a ieri sembrava un ottimo affare, ma per il Verona, e di un difensore, Yanga-Mbiwa, non marcato da Djordjevic. Subentrato a Mauri, aveva segnato un temporaneo pareggio che pure aveva un’aria definitiva. Perché rischiare di perdere negli sgoccioli di partita quando un punto accontentava tutti e non avrebbe certo fatto mugugnare i tifosi? Perché il calcio è anche questo. Napoli, intanto, ringrazia.