La squadra trasformista ha fatto perdere il sorriso a Dzeko

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Il Corriere della Sera (L. Valdiserri) – Titolare contro il Carpi, in panchina contro il Real Madrid e, al 99%, titolare contro il Palermo. Edin Dzeko è venuto a Roma per giocare le partite di cartello, per fare la panchina in Champions poteva restare a Manchester. In estate ha scelto la Roma per avere più spazio: a 29 anni voleva ritornare quello del Wolfsburg, cioè un centravanti intorno al quale far girare tutta la squadra.

Luciano Spalletti, invece, contro il Real Madrid ha scelto un modulo con Perotti «falso nueve». Una mossa per avere superiorità numerica a centrocampo e non dare punti di riferimento ai due difensori centrali del Real Madrid, Sergio Ramos e Varane. Nessun giocatore è contento di andare in panchina, ma quello che conta di più è il bene della squadra. Per questo è importante capire se quella di Spalletti è stata la decisione migliore. La risposta non è facile, ma non è un «sì» scontato, come letto e ascoltato quasi all’unanimità.

Perotti centravanti ha garantito un primo tempo in cui il Real Madrid ha tirato poco verso Szczesny, ma al prezzo di sfiancare El Shaarawy, Salah e l’argentino in un lavoro di ripiego difensivo. Una tattica difficile da reggere per 90’, tanto che la prima volta che il Real ha potuto giocare l’uno contro uno – Cristiano contro Florenzi – è andato in gol.

Per liberare il portoghese, però, è stato fondamentale il movimento di Benzema che, scattando in verticale da centravanti vero, ha costretto Manolas e Ruediger a seguirlo. Tutte le volte che la Roma ha liberato in avanti Salah o El Shaarawy, prima dell’ingresso in campo di Dzeko al 64’, Sergio Ramos e Varane hanno potuto aiutare gli esterni come veri e propri «liberi». La domanda è: Dzeko è il futuro della Roma o un presente da gestire fino a giugno?

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