La spada di Damocle su Garcia e Mancini

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La Gazzetta dello Sport (G. Valenti) – Nel giorno in cui comincia un campionato che promette di essere più interessante e combattuto rispetto agli ultimi quattro dominati e firmati dalla Juventus è lecito chiedersi chi saranno gli allenatori che quest’anno dovranno convivere con la spada di Damocle pendente sopra la loro panchina. Non abbiamo dubbi nel fare due nomi: Rudy Garcia e Roberto Mancini. Per molte ragioni non possono permettersi di sbagliare stagione, sarebbe un fallimento personale con conseguenti ripercussioni anche per le rispettive società, Roma e Inter.

Pensateci bene, i loro colleghi che guidano squadre d’alta classifica avranno come sempre l’obbligo di vincere ma godono di una situazione di partenza migliore. Massimiliano Allegri può lavorare sereno: viene da un’annata trionfale come nessuno osava immaginare, ha una squadra sempre competitiva ma rifatta in alcuni meccanismi cruciali e per questo non gli si potrà chiedere la luna. Sinisa Mihajlovic, che ha già fatto capire di tenere saldamente le redini del Milan, difficilmente riuscirà a far peggio del predecessore anche perché la rosa a disposizione è di un calibro ben superiore. Anzi, potrebbe essere proprio lui la sorpresa della stagione. C’è tanta curiosità intorno a Maurizio Sarri. Vero maestro di calcio è pur sempre un neofita alla guida di una grande come il Napoli. Il dazio da pagare è inevitabile e per questa ragione non si può pretendere tutto e subito. Ripetersi per Stefano Pioli e la sua Lazio sarebbe davvero un’impresa mentre chi ha solo da guadagnare è Paolo Sousa, con l’interessante progetto della Fiorentina. Dunque il cerchio delle aspettative pressanti si stringe inesorabile attorno a Garcia e Mancini.

Cominciamo dal francese, ormai italianizzato alla perfezione anche nella dialettica fuori dal campo. Dopo due secondi posti consecutivi non ha molte alternative. Se è vero che la società ha disciplinato la sua autonomia imponendo il preparatore atletico, è indubbio che gli ha messo a disposizione una squadra con un solo obbiettivo: vincere lo scudetto ottenendo nel contempo un buon piazzamento in Champions. Cosa poteva volere di più l’inquieto Rudy? Dzeko e Salah sono acquisti pesantissimi. In compagnia di Iago Falque formano il trio d’attacco forse meglio assortito di tutta la serie A. Totti se gestito in modo oculato può diventare il «sesto uomo» che fa la differenza nei momenti importanti. Il centrocampo non si discute per quantità e qualità. Qualche piccolo dubbio rimane in difesa almeno fino a quando non avremo visto all’opera il «nuovo»Castan e Rüdiger, giovane tedesco di cui tutti parlano un gran bene.

E’ una strada obbligata anche quella che aspetta Roberto Mancini. L’obbiettivo minimo della stagione è l’accesso in Champions League. Che vuol dire meglio secondo che terzo posto, per ovvie ragioni. Erick Thohir alle prese con un bilancio difficile da sistemare non si sta certo risparmiando. Prima ancora di far cassa grazie alle cessioni di Shaqiri e Kovacic aveva ricostruito la difesa con Miranda, Murillo e Montoya spendendo poi quasi 40 milioni per Kondogbia. Il presidente crede ciecamente nel suo allenatore tanto da avergli perdonato il pressochè totale fallimento dei giocatori richiesti come rinforzi nel gennaio scorso. Podolsky e lo stesso Shaqiri sono risultate meteore che non hanno lasciato traccia alcuna. Il ritorno di Santon è stato impalpabile. Si è salvato in parte solo Brozovic. Per una rincorsa in campionato davvero deludente. L’acquisto di Jovetic non è certo l’ultimo innesto di questo mercato. Da qui al 31 agosto Mancini vedrà completata la squadra che voleva. Un modesto consiglio: non parli di scudetto, ma viva alla giornata. La società sta cancellando tutti i possibili alibi, un altro fallimento non potrebbe sopportarlo.

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