La Stampa (G.Buccheri) – La leggerezza di Simone Inzaghi contro i pensieri, ingombranti, di Luciano Spalletti. Prevale la prima perché la Lazio vola in finale di Coppa Italia guidata da un tecnico giovane (oggi la festa per i 41 anni) e coraggioso, attaccato alla causa, arrivato quasi per caso e ora in corsa anche per il terzo posto in campionato: Inzaghi ha fatto suo il primo round per 2-0 e ha raggiunto l’obiettivo con una sconfitta (3-2) nel ritorno che non ha mai messo in discussione la qualificazione. Perdono i secondi, dove per pensieri ingombranti si intendono tutti i molteplici ragionamenti, ad alta voce, di un allenatore che ha deciso di camminare seminando dubbi e nervosismo. «Resto solo se vinco un titolo…», è il mantra di Spalletti da mesi, e ora di titoli è rimasta solo l’impresa scudetto.
IMMOBILE GOL SICUREZZA – Un derby come tradizione vuole: tribune (quasi) piene, nervosismo alle stelle, tensione anche. La Lazio si disegna come all’andata, centrocampo più folto, Immobile là davanti, Felipe Anderson alle spalle pronto ad occupare gli spazi. La Roma non recupera De Rossi e affida la propria regia alla coppia Paredes più Strootman: a Nainggolan il compito di jolly. Il via è tutto fra i piedi di Dzeko, bomber quasi infallibile fino ad ora: il destino vuole che il centravanti da trentatré centri complessivi in stagione vada in bianco nell’occasione più pesante perché l’errore sotto porta dopo appena tre minuti è imperdonabile: il bosniaco spunta solo davanti a Strakosha, ma la mette fuori. La Roma perde l’attimo per indirizzare il duello e comincia, come un frullatore, ad avvicinarsi all’area avversaria senza però grandi speranze. E alla prima vera offensiva laziale va sotto: Immobile approfitta dei dormienti Manolas e Paredes e tira, Alisson respinge, Milinkovic-Savic si regala il tocco vincente. Delirio Lazio, apnea Roma fino al ruggito di El Shaarawy, che addolcisce l’intervallo romanista rimettendo in forse questa semifinale.
NONA FINALE CON 6 VITTORIE – Si riparte ma è Immobile salire in cattedra. Prima due assalti, poi la stoccata del nuovo vantaggio laziale con un preciso diagonale nel faccia a faccia con Alisson. Il colpo è letale perché adesso alla Roma servirebbero altri quattro gol per centrare la finale: uno arriva dopo un palo di El Shaarawy corretto in rete da Salah, un altro nel recupero grazie a un’intuizione di Salah. Finisce così, con un pareggio che manda in orbita una Lazio abile nei 180’ a capire e sfruttare le debolezze dei rivali: Inzaghi ci ha abituato a cambiare modulo in base alle caratteristiche di chi deve affrontare e spesso lo fa con successo. Per la Lazio è la 9a finale di Coppa Italia (3 negli ultimi 5 anni), con 6 vittorie. La Roma paga anche una stanchezza, fisica e mentale, già mostrata nelle ultime uscite in campionato, seppur vincenti: il futuro è già cominciato, anche se in gioco c’è ancora un titolo tricolore, il più prestigioso. Un flash finale: si giocava senza le barriere in curva, per la prima volta dopo un anno e mezzo, e l’esame è stato superato senza strappi.