La Repubblica (M. Pinci) – Dicono che il più felice di ritrovare il Bodø, al momento del sorteggio, fosse proprio José Mourinho. Che ha una missione: dimenticare il 6-1 subito a ottobre. Per farlo ha negato alla squadra il sopralluogo sul campo della disfatta, “perché stare un giorno su un campo non adeguato è meglio che starci due“. E poi per evitare che i ricordi alimentassero fantasmi. Cinque mesi fa la trasferta in Norvegia era iniziata con i giocatori scocciati anche solo di salire sull’aereo: “Ricordiamoci che è colpa nostra se siamo qui“.
Era finita con un risultato rumorosissimo in una cittadina in cui abitano 52 mila persone, meno di quante ne possa contenere lo stadio Olimpico. E con il processo sommario nello spogliatoio dei big alle “riserve”. A ben guardare, la “base” della crescita della Roma in questo 2022 è iniziata proprio quella sera, nel gelo di Bodø: “Sì, siamo cambiati proprio tanto anche in relazione a quella partita“, ha ammesso Mourinho.
Decise quel giorno che alcuni calciatori — Calafiori e Reynolds, Villar e Mayoral — avrebbero lasciato la Roma. Che nel frattempo è diventata un’altra squadra, rispetto a quella banda incerta a cui lo Special cercava di dare una forma. L’avesse trovata prima dell’harakiri contro la Juventus, quando in 7 minuti ha trasformato in sconfitta una vittoria quasi acquisita, ora sarebbe quarta in campionato.
Ma la formula funziona: permette persino di rinunciare senza troppi pensieri a Zaniolo, visto che il campo sintetico, per di più gelato per un clima da 3 gradi sotto zero, non rappresenta esattamente il fondo di gioco ideale per le sue ginocchia operate. Certo Mourinho non vuole arrendersi alla prospettiva di chiudere con “zero tituli” la sua prima stagione romana. E per il Bodø passa l’ultima occasione da tenere viva: in palio, la terza semifinale europea per la squadra dal 2018 a oggi, e in tre coppe differenti.