Il Messaggero (U.Trani) – Garcia, nel day after, ha presentato il conto alla Roma. E’ vero che il ko di San Siro è stato immeritato, come l’allenatore, a caldo, ha ricordato a chi ha elogiato la strategia di Mancini. Ma il francese è stato altrettanto chiaro in pubblico quando ha dovuto spiegare come mai l’Inter ha vinto la partita. Pur sottolineando le numerose chance giallorosse ed elencando le decisive parate di Handanovic, ha indicato gli errori fatali della sua squadra. Dei singoli, però. Ok la prova di gruppo, non di qualche interprete. E qui l’elenco è lungo: Szczesny lo apre, anche perché il ritardo nel tuffo ha permesso a Medel di segnare la prima rete in nerazzurro, Dzeko lo chiude, perché non cattivo davanti alla porta. Come il centravanti, anche Salah ha fatto cilecca, inquadrato a specchiarsi almeno 3 volte davanti alla porta nerazzurra tanto da perdere efficacia e precisione. E anche Pjanic ha ricevuto il suo rimprovero per la protesta prolungata e quel fallo di mano: l’espulsione è costata quasi mezza ripresa in inferiorità numerica a compagni e l’assenza nel derby di domenica. Ieri mattina a Trigoria, incontrando i giocatori, ha rivisitato le gaffe della notte milanese. Per il giusto richiamo all’attenzione e alla personalità. Sabato sera sono mancate.
Se Garcia ha preferito inchiodare alcuni protagonisti negativi, bisogna anche analizzare lo sviluppo del match. Che ha riportato a galla i problemi che la Roma non ha ancora risolto. I giallorossi, facendo il paragone con la stagione scorsa, sono cresciuti come finalizzazioni al punto di avere il miglior attacco, con 25 reti in 11 gare di questo torneo (e 7 gol in 3 di Champions). A Milano si è fermato per la prima volta dopo 21 partite di campionato (nessuno in serie A ha ultimamente fatto di meglio) e 41 reti. Handanovic, come si è detto, è stato super. Ma la Roma spesso è impotente quando è chiamata a fare la partita contro chi aspetta e non si scopre. Senza spazi, si perde. A volte non è sufficiente alzare il ritmo. Nè avere la superiorità assoluta nel possesso palla. Troppo scontata per essere sufficientemente concreta. Il precedente di 40 giorni, a Genova contro la Sampdoria, è tanto simile alla caduta di Milano contro l’Inter. Sconfitta ingiusta pure quella. Tornando a casa, però, con gli stessi interrogativi. Garcia, a parte Ruediger, ha avuto a disposizione a Marassi tutti i titolari e quindi grandissima scelta. Dzeko è partito dall’inizio, ma ha tirato solo 1 volta in porta e dopo azione personale. Il dato non è casuale. Perché a San Siro il centravanti, nonostante le 2 occasioni avute, è finito spesso fuori dal coro. A prescindere dalla sua presenza, i giallorossi si trovano meglio a ripartire in campo aperto. Proprio per le caratteristiche dei suoi giocatori. Come se non bastasse, la difesa proprio non riesce a chiudere il match senza incassare gol. Li prende in area e da fuori, da fermo e in velocità. Il tecnico cerca di scaricare ogni volta sul singolo, per restituire al reparto certezze che nemmeno lui ha (figuriamoci i giocatori). In 14 partite, Champions compresa, solo 1 volta, a Frosinone, non sono state prese reti. L’Inter prima ha la miglior difesa (7 gol incassati e 7 gare senza subirne). In Italia lo scudetto se lo aggiudica quasi sempre chi incassa meno gol, come è accaduto negli ultimi 8 tornei. La Juve, ad esempio, ha vinto i 4 titoli di fila proprio con la miglior difesa, solo la stagione scorsa e quella precedente anche con l’attacco più prolifico.
In più di una circostanza si è fatto riferimento all’equilibrio, cioè ai reparti che devono essere legati tra loro, al pressing che va fatto di squadra e alle 2 fasi che contano e pesano allo stesso modo. La Roma di questi tempi, però, sembra essere sofferente sulla spina dorsale. Portiere, centrale difensivo, regista e centravanti. Perché Szczesny non ha lo stesso rendimento di inizio stagione; Ruediger sembra ancora spaesato, e Castan non è al top e quindi non può riprendersi il posto (è comunque deluso di essere ormai considerato riserva); davanti alla difesa si alternano in tanti, da De Rossi a Nainggolan, da Pjanic a Vainqueur: si cambia sempre e si aspetta Keita per avere il play di riferimento; Dzeko, solo 1 gol realizzato, è a digiuno da 2 mesi. La crisi dei singoli è sicuramente momentanea e quindi bisogna solo avere pazienza perché prima o poi la qualità farà la differenza. Ma ogni squadra si costruisce proprio su quella linea che conduce da una porta all’altra. La Roma deve lavorare lì in mezzo, magari anche sul mercato, per essere solida e competitiva fino al traguardo.