La Gazzetta dello Sport (P.Archetti) – La crescita della Fiorentina è confermata anche da alcuni dettagli che spiegano quasi più dei numeri: questa non è soltanto la sesta vittoria consecutiva, bensì anche la prima contro avversarie che adesso le stanno sopra in classifica. Un’entrata nel circolo delle grandi; una certificazione di merito, di adeguatezza alla corsa per l’Europa League. I viola hanno staccato l’Atalanta e la Sampdoria e vanno alla caccia del Milan che è sesto: hanno carattere, cinismo e propensione alla sofferenza, dato che quella sul campo non sarà mai come quella vissuta fuori. La Fiorentina qui è anche fortunata, sembra un credito con il destino. La Roma colpisce un palo e due traverse, però non perde soltanto per la malasorte. E nemmeno perché ha in testa la Champions. Più possibile che l’abbia nelle gambe, ma si parla della partita passata, non di quella che deve venire.
PERICOLO SORPASSO – La Roma non ha cattiveria e lucidità, anche se la ripresa è tutta sua, con gli altri asserragliati in area. Viene fischiata e adesso la poltrona da Champions è in pericolo: l’Inter oggi può sorpassare; domenica è in programma il derby, che a tutti i significati ansiogeni aggiunge anche il fatto di essere uno scontro diretto. Fra l’altro la Roma in questo stadio colleziona brutte figure: è la sesta sconfitta interna in campionato, più una in Coppa Italia. Settant’anni fa arrivò a otto in A. «Purtroppo si guarda soltanto al risultato», dice Eusebio Di Francesco, forte anche degli 8 tiri in porta a tre e dell’11-0 riguardo ai tiri fuori. Ma contano anche alcune scelte: senza Perotti e Under, con anche De Rossi, Kolarov e Florenzi in panchina, Juan Jesus è l’esterno sinistro in difesa, davanti a lui El Shaarawy. Jesus, pure senza danni, non può spingere come il serbo, entrato nelle ripresa come Florenzi. Gli «assistenti» di Dzeko non trovano profondità e conclusioni adatte: Defrel dura un tempo, poi tocca a Schick e pure lui colpisce la traversa. La Roma finisce a 4-2-4, ma Sportiello, Pezzella e la difesa a cinque di Pioli (da metà ripresa) non si fanno superare.
I MOTIVI – La differenza spesso deriva dalla capacità di entrare nell’errore dell’avversario e farlo rendere: la Fiorentina vede la Roma raggrumata a centro area e mette i calci piazzati sui lati dove c’è libertà, l’1-0 nasce così, con Saponara che sfila dietro a tutti e disegna l’assist per Benassi, ma anche subito dopo Pezzella può colpire senza disturbo, però manca la precisione. I viola puniscono anche una delle tante palle perse vicino a centrocampo, la volata di Simeone per il 2-0 scaturisce da un controllo romanista mancato. Quando invece è la Fiorentina a non essere in grado di liberare con pulizia, la Roma manca di quel cinismo che Di Francesco aveva chiesto. Vitor Hugo è deleterio nel primo tempo, combina frittate da solo e in compagnia, però Dzeko prima colpisce il palo, poi il portiere; anche Gonalons, che avrebbe una sorta di rigore in movimento, si fa recuperare da Veretout, con un controllo simil Camp Nou. Scene uguali nella ripresa, ancora con Dzeko e Nainggolan, oltre ai legni (il terzo è di Fazio, di testa, su corner).
ELOGIO VIOLA – La Fiorentina aggiunge altri elogi a un momento di entusiasmo drammatico, poiché sgorgato dal dolore. Badelj e Chiesa sono assenze di rispetto, Thereau toglie altre scelte all’attacco. Non si sentono. Simeone è un gigante, Saponara tocca di fino, Dabo sfrutta la seconda chance consecutiva di entrare nella formazione iniziale, Benassi era da 18 gare senza gol, qui lo trova già al 7’. E poi fra le tante sistemazioni, sale da terzo centrocampista a esterno (da 4-3-2-1 a 4-2-3-1), si allarga per insabbiare la fascia, soprattutto quando entra Kolarov (4-4-1-1). Ma tutta la Fiorentina è un gruppo unico. I motivi li sapete, anche se Pioli dice: «Non siamo soltanto spirito». Vero, c’è anche sostanza.