Gazzetta dello Sport Roma (G.B.Olivero) – E alla fine è sempre Roma. Guerriera, sofferente, cattiva, grintosa, generosa. Bella no, magica sì perché dopo aver vinto la Conference va in finale di Europa League confermando la grande dimensione europea. Ieri a Leverkusen la squadra di José Mourinho non ha mai tirato nello specchio della porta e una volta sola fuori. Ha superato la metà campo solo quando era costretta dagli eventi e si è dedicata esclusivamente alla fase difensiva, tra l’altro meno pulita e precisa di altre volte. Ha concesso più del solito, ha barcollato, ma non è caduta.
Il Bayer ha calciato sette volte in porta e ventiquattro complessivamente, però conta segnare e il gol della qualificazione è quello di Edoardo Bove all’Olimpico. A Budapest la Roma sfiderà il Siviglia e quella sera bisognerà anche proporre una fase offensiva credibile. Però oggi è giusto celebrare una squadra che ha anche superato alcune difficoltà oggettive: a Leverkusen Smalling è entrato solo nel finale, Dybala è rimasto in panchina tutta la gara, Spinazzola si è infortunato nel primo tempo, Celik si è fatto male nella ripresa e negli ultimi minuti è stato Bove a fare il terzino destro. Insomma, poco calcio, ma tanta, tantissima dedizione e forza di volontà. E queste sono le situazioni in cui emerge il magistero di Mourinho, bravissimo a cucire addosso ai suoi giocatori il vestito che lui stesso predilige.
La qualificazione è rimasta in bilico fino all’ultimo dei nove minuti di recupero perché il Bayer ci ha davvero provato in ogni modo. Merito anche delle buone idee di Xabi Alonso che cambia modulo e introduce nuove varianti al gioco rispetto all’andata piazzando Wirtz dietro a Azmoun e Diaby con uno scopo ben preciso. Visto che nell’area della Roma il Bayer fatica a entrare, la strategia dei tedeschi è liberare un uomo al tiro dal limite e per riuscirci bisogna svuotare la trequarti. Così Frimpong e Bakker si alzano tanto da costringere Celik e Spinazzola (poi Za-ewski) sulla linea dei difensori e fuori dall’area di Rui Patricio si aggirano famelici Wirtz, Demirbay e Palacios.
I centrocampisti giallorossi provano ad arginare, ma basta un uno due scolastico per eludere la pressione e andare al tiro. Nel primo tempo accade quattro volte ed è sempre Demirbav a stuzzicare un attento Rui Patricio o a sbagliare mira. La Roma fatica a interrompere il palleggio avversario e balla come raramente è accaduto in questa stagione, ma l’occasione più importante per il Bayer arriva paradossalmente in contropiede quando Wirtz indovina il corridoio per Diaby che da posizione defilata centra la traversa. I giallorossi oltre la propria metà campo sono inesistenti, ma la cosa peggiore è l’incapacità a leggere le giocate avversarie e a riconquistare il pallone per poterlo gestire e spezzare il ritmo del Bayer.
Anche per questo motivo a inizio ripresa Mourinho toglie Belotti e inserisce Wijnaldum passando a un 3-5-1-1 molto più adatto allo sviluppo della gara. In effetti la Roma riesce a rallentare le discese avversarie, i tedeschi arrivano al tiro con minore frequenza e l’occasione più grande capita sul destro di Azmoun, dopo un tiro di Demirbay respinto: la conclusione finisce fuori di pochissimo. Rui Patricio è molto reattivo quando deve intervenire, Matic sparge classe ed esperienza e la Roma si riassesta nonostante Frimpong disponga a piacimento di Zalewski. La manovra del Bayer è meno armonica e fluida, i giallorossi si stringono attorno a Smalling e l’area e costantemente presidiata da sei giocatori mentre gli altri stazionano sulla trequarti.
Altro che pullman: Mourinho piazza davanti alla porta il Colosseo e non si può proprio passare. Per José è la sesta finale e le altre 5 le ha vinte. A Budapest la Roma cerca la corona di principessa d’Europa.