La Roma domina ma rischia la beffa

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Il Giornale (M.Di Dio) – Diciannove punti di differenza, obiettivi stagionali agli antipodi, rose nettamente diverse dal punto di vista tecnico. Eppure il Roma-Pescara dal pronostico scontato – almeno per gli scommettitori – è diventata una girandola di emozioni. Cinque gol e gara in bilico fino al termine nonostante l’avvio shock del Pescara. Dzeko e Perotti restano gli uomini imprescindibili della truppa di Spalletti e a loro si deve di fatto il successo di fondamentale importanza dopo i balbettii della Juve. Verre, Pepe e Caprari, tre ex giallorossi, hanno avuto il merito di far prendere alla partita una piega pericolosa per la Roma. Tanto che gli undici tiri in porta subiti da Salah e compagni sono un dato su cui riflettere. La partita non andava fallita per risalire a -4 dalla Juve in attesa del trittico terribile che vedrà la Roma sfidare Lazio, Milan e gli stessi bianconeri. L’obiettivo è stato centrato con qualche affanno – lo dimostra la paura degli ultimi minuti di fronte a un Pescara che ha provato a non collezionare il sesto ko di fila – legato anche alla stanchezza dell’impegno europeo di 72 ore prima e forse al calo di tensione dopo l’inizio al fulmicotone.

L’Olimpico resta ancora vuoto, il bottino di gol di Edin Dzeko aumenta di settimana in settimana. In 24 gare stagionali tra Roma e nazionale, il bosniaco è stato capace di timbrare venti centri (cinque negli ultimi quattro giorni). Meglio di lui, tra i bomber d’Europa, solo Leo Messi che pure nella Liga non ha segnato quanto in serie A l’attaccante giallorosso. Dal quale Spalletti e la Roma non possono prescindere, visto che i gol del calciatore ex City sono sinonimo di vittoria. E la vittoria è anche la costante delle partite in casa: sette su sette nel fortino amico e 23 gol segnati sui 33 totali. Solo una volta la Roma alla 14ª giornata aveva segnato così tanto: nel ’34-35. Il Pescara non pareva avversario da far tremare vene e polsi: classifica anemica, otto assenti, una difesa improvvisata, un reparto offensivo sterile (sette reti all’attivo con il «bomber» Manaj fuori rosa per motivi disciplinari) e reso ancora meno pericoloso dall’infortunio lampo- una ricaduta – di Bahebeck, in campo appena tre giri di lancette. La poca solidità difensiva aveva fatto perdere ulteriori certezze alla truppa di Oddo, bravo però a non far deragliare la squadra e a risistemarla a inizio ripresa.

E in quel momento sono tornati i vecchi fantasmi della Roma: la squadra si è disunita e innervosita nel momento in cui si è trovata a dover gestire una situazione da allarme rosso quando ha subito il gol di Memushaj (il primo in A) dopo che Szczesny aveva dovuto regalare due prodezze per evitare la capitolazione. Giocare con il freno a mano tirato, ritenendo chiusa la pratica, è stato come scherzare con il fuoco. A togliere dall’imbarazzo e dal rischio figuraccia, pareva essere spuntato quel Perotti altro elemento imprescindibile di questa Roma. Dopo i due assist per i gol di Dzeko, il rigore procurato e trasformato. Prima che Caprari tenesse ancora aperto il luna park dell’Olimpico. Che nella stessa sera celebra le 100 gare in giallorosso di Nainggolan, le 400 in A di De Rossi grazie alla staffetta con il belga e il ritorno in campo dopo un mese di Francesco Totti, oltre a secondi concessi al Vermaelen, spesso ai box. Con i nervi saldi, la Roma conduce in porto un successo importante e si prepara alla volata di fine anno per rilanciare le sue quotazioni nel borsino scudetto.

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