La Roma dei debuttanti sfida il «Cholo» all’italiana

Il Giornale (M.Di Dio) – Eusebio Di Francesco è in buona compagnia. Sono undici insieme a quello della Roma (in pratica un terzo della Champions League stagionale) i tecnici che debutteranno sul più importante palcoscenico europeo. E il battesimo tra i grandi è un vero esame da far venire i brividi: all’Olimpico arriva il supercollaudato Atletico Madrid di Diego Simeone, dai trascorsi vincente nella Lazio e che nelle ultime quattro edizioni della Coppa dalle grandi orecchie ha sempre vinto il proprio girone, ha centrato due finali, una semifinale e un quarto di finale. Senza dimenticare il trionfo del 2012 in Europa League. «La Champions è un sogno, una l’abbiamo persa a due minuti dalla fine, un’altra ai rigori, prima o poi la vinceremo», così il Cholo alla vigilia dell’esordio europeo. I detrattori del Cholismo parlano di un calcio speculativo e poco spettacolare, che distrugge piuttosto che creare. Insomma, pochi fronzoli e nessuna fantasia, perché l’obiettivo è la vittoria. Anche ottenuta in maniera «sporca». In Italia a Simeone darebbero del «catenacciaro», in Spagna – pur non essendo un esteta o un rivoluzionario come Guardiola – il suo Atletico viene rispettato perché è da anni protagonista della Liga. Di sicuro un club come quello dei «Colchoneros» è un esempio di calcio sostenibile, in grado di ottenere risultati importanti senza budget faraonici, capaci di costruirsi in casa giocatori e di valorizzarne altri scovati sul mercato. Ma il segreto è in panchina: Simeone ha rifiutato la corte di Inter e Psg (che gli offriva 35 milioni), anzi ha rinnovato il contratto fino al 2020 perché «ora ho più energie di quando sono arrivato (nel dicembre 2011, ndr) e ho calciatori straordinari».

Anche se il blocco imposto dalla Fifa nell’ultimo mercato non ha permesso di correggere nulla. «L’Atletico ha una sua identità, è poco estetica ma molto pratica. Raggiunge i suoi obiettivi, dal punto di vista mentale Simeone ha fatto un lavoro incredibile. Per noi è una gara determinante, sono arrivato in Champions e voglio restarci», così Di Francesco, il cui mantra è costruire (e magari divertire) col possesso palla e la manovra in verticale. Insomma, uno scontro tra filosofie opposte. L’allenatore abruzzese è chiamato a invertire il trend dell’era americana in giallorosso: appena due vittorie su 16 gare, una con il Cska Mosca nel 2014, l’altra con il Bayer Leverkusen l’anno dopo. Il destino ha voluto che la Roma riallacciasse il filo con la Champions con una squadra di Madrid: il Real di Ronaldo – già killer di Simeone nell’atto conclusivo della Coppa – interruppe l’avventura nel marzo 2016. Alla decima presenza alla fase a gironi, la terza nelle ultime 4 stagioni, la Roma ha voglia di stupire ma senza troppe pretese. Considerando che avrà anche l’ostacolo del Chelsea di Conte. «Si parte da zero, abbiamo tutte le stesse possibilità», ha sottolineato diplomaticamente Simeone. E al ballo dei debuttanti (cinque i romanisti a chilometri 0 in Champions) si potrebbe rivedere in corso d’opera Florenzi – celebre il suo gol da cineteca al Barcellona – e parteciperà De Rossi, 47 gare in 16 anni sul prestigioso teatro europeo. Ora che Totti ha indossato giacca e cravatta, è ufficialmente il capitano della truppa. Che non vuole fare da vaso di coccio in un girone di ferro.

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