Repubblica (S. Scotti) –  De Rossi e la Roma non si sono lasciati, si sono allontanati. Ritrovarsi non è impossibile, basta il primo passo. Il periodo della Roma è questo: confusione, poche certezze, decisioni schizofreniche, addii improvvisi. De Rossi e il suo amore incondizionato per la sua squadra sono lì, e il telefono è acceso. Tornerebbe, ci ha riflettuto, ma non subito. Chi lo farebbe, senza un “ti prego“, per favore, se è stato cacciato di casa? Juric è tranquillo: la società lo ha confermato, gli ha parlato, non ti preoccupare, resti fino a fine stagione. Questa è la versione diffusa a tutti, compreso Juric.

Ma dietro le parole ci sono i cattivi pensieri e a una lunga lista di se: se i calciatori sono ancora con De Rossi, se dirigenti che prendono decisioni non ci sono più, se tutto è affidato all’estro dei proprietari che hanno lasciato un oceano tra loro e la squadra. Con i se si può scrivere una poesia, se sei Kipling, se sei la Roma non fai classifica e non vai avanti in Europa. E allora il pensiero torna a lui: con De Rossi la famiglia Friedkin sognava un futuro splendente, carisma, carattere e senso di appartenenza. De Rossi, dopo la tragedia greca vissuta con Lina Souloukou, è pronto: attende. I tifosi aspettano il lieto fine. In alternativa la fine della stagione