La Repubblica (F.Bocca) – Quando è arrivato il diluvio sull’Olimpico il tenero Eusebio Di Francesco deve aver pensato a una prova soprannaturale, necessaria per dimostrare di essere all’altezza della Roma. Per quello strano mix di sentimento e follia il presidente Pallotta – stavolta in tribuna – pensava già che il suo uomo fosse sotto tiro ed era così sceso pesantemente in campo a difenderlo, solleticando l’allenatore stesso che, violentando un po’ il suo carattere da persona mite («Ho gli attributi io»), ne aveva avuto per tutti: da D’Alema al lamentoso Dzeko. Che ha sentito gli effetti del liscia e busso e lo ha ripagato con due bei gol al Verona – avversario fragile e ben più nella tempesta della Roma – spazzando via, al momento, malumori e scetticismi riguardanti un po’ tutto: l’allenatore, la campagna acquisti, i primi spifferi di spogliatoio. Dzeko alla fine ha siglato anche la pace definitiva: «Resterò qui a lungo» ha detto. È stata una partita fin troppo facile, l’unica breve difficoltà il grande acquazzone che si è scaricato sul campo, sui giocatori e sui due giovani allenatori – Pecchia e Di Francesco – infradiciandoli.
Il gol di Nainggolan e i due di Dzeko segnano quasi una ripartenza: la sofferta partita con l’Atletico aveva lasciato qualche strascico. Ma il Verona, squadra problematica, è arrivato in soccorso ai giallorossi. Fabio Pecchia, con un solo misero punto, e a sua volta al centro di una situazione scomoda, ha provato a cambiare l’attacco tirando fuori Pazzini e Verde e inserendo il giovanissimo Kean, talento in prestito dalla Juve, ma senza ottenerne risultato. Ai cinque gol della Fiorentina si sono aggiunti i tre dell’Olimpico. Il tenero Di Francesco, che poi tenero non è affatto, ha fatto parecchi cambi. Inserendo soprattutto – nel ruolo di terzino destro – Alessandro Florenzi dopo 325 giorni di dolore. Al di là dei gol di Dzeko e del ritrovato Nainggolan, è stata proprio la partita di Florenzi che lo stadio ha coccolato e ritrovato come il suo preferito. Accanto a lui, il giovane turco Ünder, Pellegrini e perfino nella ripresa il talentuoso Schick che finora non era stato possibile vedere. Il ragazzo si è schierato, sempre nel 4-3-3, accanto a Dzeko a disegnare una futuribile Roma a due punte. Fatti gli esperimenti, quasi tutti positivi, segnati i gol, smaltiti i nervosismi (ma non del tutto, Gerson e Peres a fine partita si sono messi a discutere e si sono spintonati) e inzuppate ben bene le maglie marroni la Roma e Di Francesco si sono sentiti sollevati. Dopo aver attraversato la più strana delle crisi fantasma.