La Roma accende Doumbia per la volatona Champions

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La Gazzetta dello Sport (F. Bianchi) – Un buon brodino il Sassuolo di questi tempi bui non lo nega a nessuno. La Roma lo sorseggia volentieri, dopo tre partite senza gioia con le rivali in sorpasso o che rosicchiano punti. Stavolta la classifica non cambia e Garcia avrà una settimana più tranquilla. Piccoli segnali di miglioramento ma non è da questa vittoria che si può giudicare. Il Sassuolo di questi tempi è una squadra in caduta libera: cinque sconfitte nelle ultime 6 gare, otto nelle ultime 11, venti gol subiti in 21 partite. Numeri da incubo. Per fortuna Di Francesco ha collezionato parecchi punti all’andata, perché in questo ritorno sarebbe penultimo in classifica, davanti solo al Cagliari. La Roma invece non segnava 3 reti dal 30 novembre scorso (li fece all’Inter) e più di uno dall’8 febbraio. Altro segnale d’incoraggiamento, ma sarà meglio non contarci troppo.

I MOTIVI Ci ha messo la firma pure l’uomo che non c’era. Meglio, l’uomo che fin qui non aveva mai tirato in porta in Serie A: Seydou Doumbia. Quasi non ci credeva nemmeno lui, vista l’esultanza tardiva. Poi è tornato nella cuccia dell’anonimato. Doumbia non era nella lista titolari, poi si è presentato al posto di Keita. Sembrava un infortunio da riscaldamento per il maliano, invece è entrato dieci minuti (per Florenzi) e dunque resta un pizzico di mistero in questa gara senza misteri, a parte la disposizione della difesa in occasione del gol di Doumbia all’alba della sfida. Cross di Pjanic e lui che salta (insomma, salta, fa un balzello) contrastato da Sansone. Che non supera il metro e settanta e soprattutto fa l’attaccante di mestiere. E Acerbi dov’era? E Cannavaro? Già da qui si capisce lo stato confusionale degli emiliani che coinvolge, bisogna dirlo, anche il bravo Di Francesco. Ha tradito il suo solito sistema per un 3- 5-2 con Sansone defilato per la prima volta in fascia con compiti di copertura. E ha lasciato inizialmente Zaza in panchina, uno che in questa squadra e in questo momento dovrebbe giocare anche zoppo. In difesa del tecnico, bisogna dire che il nazionale, a parte un tiro al volo, non ha combinato altro in un tempo quasi intero giocato al posto di Floccari. In questo disarmo la Roma è andata a nozze: padrona del centrocampo, ha imposto il suo palleggio e il suo ritmo che, si sa, ultimamente non è che sia insostenibile. E alla seconda occasione ha fatto il bis. Se l’è creata Florenzi da solo con uno scatto, un doppio dribbling e una sassata all’incrocio. Chapeau.

SENZA STORIA
Definire timida la reazione del Sassuolo è già un’esagerazione. Un paio di tiri giusto per dire «ci siamo anche noi» hanno accompagnato la fine del primo round. Nel secondo Di Francesco ha provato a mischiare le carte spendendo subito, appunto, Zaza, poi Lazarevic facendo salire Sansone in attacco, e Biondini, ma è cambiato poco. Le famose accelerazioni, il gioco veloce e preciso non ci sono più. Missiroli, uno prezioso nel gioco neroverde, è il simbolo della decadenza: involuto, mai un’idea decente. La Roma ha continuato ad avere buon gioco fino all’imbeccata di Florenzi per Gervinho che si è bevuto Peluso in area e ha servito Pjanic per la chiusura definitiva dei giochi. Il brodino è servito, la Lazio è ancora a portata di mano. Ma ora c’è il Genoa che è di tutt’altra consistenza. La sensazione è che serva un altro passo in avanti per dire: la Roma è tornata.

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