Come per la formula della Coca Cola. Tutti a cercare l’ingrediente segreto di quella parola magica, la cantera; tutti dietro il made in Barcellona, che un giorno gioca la Champions con 9 ragazzi del suo vivaio e spingeil mondo sulla via dell’emulazione. C’è chi ne copia la struttura, chi corre a soffiargli i tecnici delle giovanili: da Hong Kong (Josep Gombau) alla Polonia (Bakero), da Tblisi (Garcia) a Dubai, dove la squadra allenata da Maradona ha affidato i ragazzini allo scopritore di Iniesta, Albert Benaiges. Fino a Liverpool (l’Accademia a Rodolf Borrell) e alla Roma. Dove da tempo ha sede una delle fabbriche italiane di talenti, uno dei vertici del triangolo Roma-Milano-Bergamo.
MODELLO TRIGORIA Mezza serie A ha mandato in campo almeno un giocatore formato a Trigoria. Luis Enrique ne ha utilizzati sette, altri arriveranno: “Il mercato? Se prendiamo qualcuno, bene: altrimenti c’è la Primavera che ha giocatori di qualità. Preferisco lavorare così, penso che la squadra possa migliorare in questo modo“. È il trapianto più diretto, più consistente e più recente del dna barcellonese nel nostro calcio.
LA FABBRICA ATALANTA Ben 20 giocatori dell’attuale serie A vengono da qui. Hanno avuto a che fare con Mino Favini, che da vent’anni gestisce il più prolifico settore giovanile d’Italia. “Spendiamo 2 milioni l’anno, che per noi non sono pochi. Ma possiamo permetterci di far esordire molti più giovani rispetto a Milan, Intero Juve: lì se non offri garanzie, non rischiano. Da noi invece i ragazzi conquistano visibilità e interesse, il rientro c’è sempre, a volte è strepitoso“. Dopo Scirea e Donadoni sono venuti Pazzini e Montolivo. I prossimi sono Gabbiadini e Bonaventura. L’ingranaggiofunziona, dietro c’è un’organizzazio-ne che pesca talenti a Bergamo e nelle province confinanti.
INTER DA CHAMPIONS L’Inter investe 5 milioni l’anno, cifra analoga a quella di Milan e Juve. Una ventina di osservatori, una rete di società affiliate cui appoggiarsi, due persone all’estero (così sono stati scoperti Martins e Pandev). Nella neonata Champions per squadre Primavera— la Next Generation Series — l’Inter è in semifinale: la giocherà a marzo contro il Marsiglia. Roberto Samaden, responsabile del settore, racconta: “La metà dei ragazzi della rosa sono con noi da quando avevano 8 anni. È la nostra filosofia. Dai 14 ai 17 anni vivono tutti insieme in una villa gestita da una famiglia di nostra fiducia: così ricreiamo l’ambiente di casa. Non credo che i nostri vivai siano così poveri come si dice, anche se il Barca è lontano: spende il triplo di noi“.
RITORNO AL MADE IN ITALY I più esterofili di tutti stanno facendo marcia indietro. Per anni gli osservatori dell’Udinese hanno importato talenti: Felipe è arrivato a 15 anni dal Brasile, Sanchez dal Cile a 17. Ora l’obiettivo è un vivaio made in Friuli, d’altronde patron Pozzo lavora a Barcellona e conosce bene il modello originale. Andrea Trevisan, che cura il settore, spiega: “Ogni anno lasciavano il Friuli trai 10 e i 15 calciatori di 14 anni, età in cui per regolamento ci si può trasferire fuori regione. Andavano all’Inter, alla Juve, al Milan. Ma quanti di questi sono arrivati in A? Nessuno. Ci siamo detti: invece di girare il mondo, cominciamo a trattenere qui i più forti. Ora vogliamo portare ragazzi friulani in serie A”.
RINCORSA DEL CHIEVO Ambizione simile in casa Chievo, da anni “favola” italiana, ma ancora senza giovani suoi nel grande calcio. Maurizio Costanzi, responsabile del settore, spiega: “Il nostro è un progetto re, cente, appena partito con ragazzi del ’90. Dobbiamo affrontare la concorrenza delle grandi anticipandole sulle scelte, convincendo calciatori e famiglie che anche un piccolo club come il nostro può garantire un percorso foriativo, magari meno esasperato e più tranquillo“. Ed è già al secondo posto del suo girone Primavera dietro il Milan.
PORTIERI Ne cercate uno? Fate un giro a Monza. Hanno dato alla attuale serie A Abbiati, Antonioli e Castellazzi. Qui è cresciuto anche Castellini, oggi preparatore portieri dell’Under 21. Sull’onda di questa tradizione, da ottobre è partita una scuola dedicata esclusivamente alla formazione di giovani numeri uno. “Abbiamo 11 preparatori che si dedicano a 100 ragazzi tra gli 8 e i 16 anni iscritti al corso” spiega Gianluca Andrissi, dt del settore giovanile. II Monza spende 200 mila euro annui per i costi di gestione (dai pullman agli stipendi dello staff) e poche migliaia di euro per gli acquisti.
IL FATTORE PROVINCIA L’ambiente familiare spiega gli exploit di provincia. Il Piacenza ha prodotto negli anni gli Inzaghi, Gilardino e Lucarelli; altri 3 giocatori di A provengono da una realtà come il Cittadella. Un vero e proprio caso è la Renato Curi di Pescara (oggi fusa con l’Angolana): la prima squadra mai più su della serie D, ma ben 6 scudetti fra gli Allievi dilettanti e due campioni del mondo, Oddo e Grosso. Niente male per un club che gioca nello stadio da 2000 posti di Città Sant’Angelo.
L’EMERGENTE DANESE Il Varese ha costruito quasi da zero lo scorso anno. Ed è stata subito finale scudetto. In panchina Devis Mangia, poi in A con il Palermo. Racconta: “L’errore è ritenere il settore giovanile un obbligo. Se lo vivi così, lo fai male e con fastidio. A Varese abbiamo puntato sul talento, su quei ragazzi ostacolati nella loro crescita dal carattere, magari scartati dai grossi club. A Palermo avevo iniziato il lavoro con lo stesso criterio“.
LA MODA DEL PRECOCISMO Su 511 calciatori Primavera in Italia, ben 349 sono nati nei primi sei mesi dell’anno: il 68%. E si sale all’80% comprendendo le altre categorie. Significa che fra ragazzi dello stesso anno, si reclutano quelli con maggiori doti fisiche. Un setaccio alla base. E la filosofia del “precocismo“. Forse perché Messi, Iniesta, Xavi, Piqué, Fabregas, Puyol e Thiago sono tutti nati fra gennaio e giugno. E pazienza se Maradona e Pelé erano di ottobre.
La Repubblica – Carotenuto/Fasiolo