La Repubblica (E. Sisti) – Però c’è una cosa: è stato Veretout a sbagliare il rigore, non Orsato. La rabbia andiamo pure a seppellirla nella stanza delle speranza: ci sarà una stanza delle speranze a Trigoria. Come quasi sempre le capita, la Roma è uscita inviperita e offesa dallo stadio della Juventus.
Roma che ha un vulnus nella propria, leggendaria suscettibilità di fronte all’applicazione, corretta o meno, delle decisioni arbitrali. Se gli scontri con la classe arbitrale fossero vitali, la Roma avrebbe dovuto abbandonare il calcio ai tempi di Michelotti. Lo sanno anche i sassi che nella vita di una squadra di calcio ci sono più torti subiti che fili d’erba attaccati alle suole degli scarpini. E che in entrambi i casi c’è di mezzo il fango.
È tuttavia una guerra inutile, logorante per i nervi, una guerra che annebbia il cervello facendo perdere di vista la fisionomia dei veri avversari. Non Orsato. O Rocchi che lo ha designato. La Roma dell’altra sera non meritava di perdere. Lo ha confermato Allegri. Ma al tempo stesso non ha spinto a sufficienza, non ha abbastanza calciato in porta, creato, vissuto dalla parte sana del pallone, là dove si pratica un’aggressività di sistema che produce fatti.
Riguardo agli errori di Orsato (il non aver dato il vantaggio sull’azione del rigore e la successiva, cattiva interpretazione del regolamento a parole) la società ha scelto ufficialmente la linea del silenzio. Ma già adottare una linea è segno che sotto la cenere divampa il fuoco. E infatti si parla di dossier da spedire in Lega. Forse ci danno vinta la partita di Turone. Piuttosto si rifletta sul fatto che nonostante l’equilibrio nuovo, a questo punto del campionato la Roma di Mourinho ha due punti in meno. Di chi? Della Roma di Fonseca dello scorso anno. Già, sembra una battuta di spirito.