Il Messaggero (G. Lengua) – Il clima è pesante, lo stadio Olimpico non è quello agguerrito dell’era Mourinho o quello festoso dell’epoca De Rossi dello scorso anno. Il tifo è spento, svuotato di ogni motivazione, si respira un’aria cupa, tutti sanno quale sarà l’epilogo. Ma nessuno vuole crederci. perché la speranza è l’ultima a morire. L’unica arma di difesa rimasta alla gente sugli spalti è la protesta, sia scritta sia a voce. L’importante è esprimere dissenso verso la gestione del club, i calciatori e il tecnico. I fischi cominciano appena la squadra scende in campo per il riscaldamento e continuano durante la lettura delle formazioni (gli unici a salvarsi sono Pisilli ed El Shaarawy). Tra i più contestati Mancini e Cristante. Infine, arriva Juric l’uomo dalle ore contate che per l’ultima volta ha ascoltato lo speaker dell’Olimpico pronunciare il suo nome. Da li a un paio d’ore sarebbe stato esonerato. Il pubblico ne era consapevole ed ha alzato i decibel dei fischi. Nessuna pietà.
La partita e i tifosi cominciano a esporre i loro striscioni: “Società e giocatori indegni di questi colori“. “Tutti complici tutti colpevoli“, “Avete rotto il c…“. Poi, tantissimi cori da “tifiamo solo la maglia“, ad “Andate a lavorare“. Il vantaggio del Bologna ha scatenato rabbia e frustrazione, i fischi sono diventati più forti e la squadra non ha fatto nulla per ribaltare la situazione. La Curva Sud se ne è accorta e allora ha scelto di ammainare le bandiere e guardare la gara in silenzio. Qualcuno ha cominciato anche ad andarse ne, mentre i gruppi hanno lasciato vuoti i loro posti e tolto gli striscioni che gli identificano.