Il Messaggero (A. Sorrentino) – Quello che l’ex numero 10 ha pronunciato nell’intervista al Messaggero risale del resto ad appena sette giorni fa: “De Rossi alla Roma rischia di fare la fine di Mourinho“. Detto, scritto, fatto. Alle otto del mattino, mentre preparava l’allenamento a Trigoria, ignaro forse di tutto, ieri DDR è stato licenziato in tronco da Friedkin. Dan Friedkin non si separa dai suoi collaboratori, fa di più: recide con un colpo di cesoie, e pazienza se qualcuno se la prenderà. È il metodo Dan, e di solito nelle sue aziende funziona. Quindi vale anche per la Roma, dice lui. Anche a costo di cancellare dal club l’ultima bandiera  rimasta, dopo Totti, dopo Bruno Conti.
Sembra un salto nel buio o un viaggio senza ritorno, perché la città rischia di non dimenticare, ma evidentemente Friedkin sa quello che fa, e perché lo fa. Finora c’erano stati i grandi colpi popolari o populisti. Prima Mourinho, poi Dybala, poi Lukaku che atterra a Ciampino sull’aereo pilotato da Dan, infine De Rossi. Panem et circenses, e il popolo godeva. Ma nel 2024 Friedkin ha modificato la rotta di 180 gradi con un brusco movimento della cloche. infine ha troncato la storia con De Rossi, per via di rapporti incrinati coi dirigenti.

Non ci sono più bandiere, non ci sono praticamente più romani (via anche Bove, resistono Pellegrini e Pisilli) e nemmeno italiani nella catena di comando, tutta straniera fino all’allenatore in campo. Sarà curioso vedere la risposta dell’Olimpico solitamente gremito per la Magica. Che ora ospiterà tre partite consecutive della Roma tra campionato e coppa, e nel giro di una settimana. È il nuovo calcio, bellezza, e dobbiamo farci i conti: ormai funziona così, e chi non si adegua è perduto. Bandiere comprese.