La Repubblica (P. Torri) – Stupisce chi si stupisce. Dalla vincente notte europea contro il Salisburgo, all’amara sconfitta sul campo di una Cremonese che in questa stagione è stata capace di vincere soltanto contro la Roma, prima Coppa Italia, poi in campionato. Insomma, c’è pure la recidiva. Tutto in cinque giorni, in una sorta di bipolarismo calcistico che può sorprendere solo chi ha poca confidenza con la storia della Roma.
È sempre stato così. Dalla fondazione ai giorni nostri. Altrimenti la Roma dell’ingegner Viola, Liedholm e capitan Di Bartolomei avrebbe vinto molto di più di quello che vinse (complice pure qualche orrore arbitrale di cui ancora si parla). Così come quella di inizio del terzo millennio in grado di non bissare lo scudetto andando a pareggiare sul campo delle ultime sette in classifica.
Non dimenticando la Roma di Eriksson che, sempre negli anni Ottanta, buttò via un titolo perdendo in un Olimpico che già festeggiava (forse sta qui il problema?) contro un Lecce già retrocesso.
Cremona tutto può essere meno che una sorpresa. È la storia della Roma a certificarlo. Una storia vissuta sulle montagne russe, un su e giù che troppe volte si è concluso con il giù. È una malattia che si conosce da decenni. Eppure non si riesce a trovare la cura. Un bipolarismo che, puntuale, si presenta ogni volta che si sta materializzando l’idea che ecco sì, finalmente la Roma può vincere. Niente da fare. Il male oscuro rispunta e non c’è medico in grado di curarlo.
Al capezzale della Roma per risolvere la questione nei decenni sono stati chiamati i migliori medici-allenatori. Qualcuno ha stoppato la malattia che, però, poi è tornata. Ora ci sta provando Mourinho, lo Special One. Chi meglio di lui? In una sorta di dottor Jekyll e mister Mou che si sperava risolvesse una volta per tutte il problema. Ma dalla vittoria in Conference alla sconfitta di Cremona, la malattia è tornata. E domenica all’Olimpico arriva la Juventus, la madre di tutte le partite. Quale Roma andrà in campo?