La maledizione di una fascia d’amore

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Il Messaggero (A.Angeloni) – Quanto meno, Giacomino Losi, che ha indossato la fascia e non da romano e romanista, per una decina di anni, ha finito la carriera nella Capitale: nella Tevere Roma. È come se oggi a Totti si chiedesse di finire con la maglia del Trastevere (con tutto il rispetto per il Trastevere, ovvio). La prenderebbe male, come magari Giacomino l’ha presa male alla fine degli anni ’60. La Roma sforna bandiere, anche grandi capitani, ma la fine è sempre quella: fuori da qui. Negli anni recenti, un po’ tutti hanno scritto lo stesso finale, portandosi via un pizzico di rancore per non aver potuto chiudere la carriere con addosso la maglia amata. Forse solo l’addio di Ancelotti, andato al Milan, è stato digerito alla luce da una cessione resasi necessaria per il presidente Dino Viola. Carlo è andato al Milan dopo aver indossato per tre stagioni la fascia.

PEPPE AUSTRIACO – Peppe Giannini, il capitano futuro dei gloriosi anni ’80/’90, poi è diventato davvero il primo capitano della Roma: da Ancelotti (1987) fino al 1996, quando ha lasciato i gradi a Carboni, che li ha portati solo per una stagione. Nove anni e pure lì, addio con le lacrime. Peppe sceglie lo Sturm Graz, per non indossare una maglia che andasse in contrasto con la Roma. Poi si è messo, ascoltando la voce del “papà” Mazzone, quelle di Lecce e Napoli.

AGO A PARTE – E veniamo al capitano del secondo scudetto: Agostino Di Bartolomei, che ha portato i gradi gli stessi anni di Sergio Santarini, ma il suo addio dalla Roma ha lasciato un gozzo in gola a tanta gente. Pure lui via, senza ricordi. Al Milan, come Carlo. La fine delle grandi bandiere, questo Roma e la Roma hanno conosciuto. Ora tocca a Francesco Totti, capitano per 18 stagioni. Diciotto. E poi? Avanti un altro protagonista di certi finali maledetti. Sarà il turno di De Rossi? No, pietà.

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