La Gazzetta dello Sport (A. Frosio) – Se nemmeno il passato arriva a dare una mano, il futuro diventa un orizzonte ristrettissimo. Dopo aver consumato la riserva di ossigeno battendo il Torino, Juric affonda nella “sua” Verona al termine di una partita tutta sbagliata. La Roma naviga mestamente a metà classifica con lo sguardo bassissimo. Non si vedono miglioramenti, non si vede semplicemente un futuro. Anche per le scelte discutibili di chi siede in panchina. Insomma, sarà un lunedì complicato per quel che riguarda la panchina romanista.
Iniziamo dalla fine, cioè dal modo in cui N’Dicka si fa rapinare come un turista sprovveduto da Livramento, che porge a Harroui la palla trasformata nel 3-2 d’oro per l’Hellas, mentre Mancini ha accorciato e non riesce a chiudere. Non è stata la prima distrazione dell’ivoriano, e allora viene da chiedersi come sia possibile che l’imperiale Mats Hummels non trovi posto in una difesa così disastrata. E poi via a ritroso con le altre magagne. Juric insiste su due “quinti” come Zalewski e Celik, uno che combina un pasticcio di tecnica e di pensiero regalando l’1-0 con un cambio campo senza senso. L’altro che gioca praticamente da ala avendo semplicemente le qualità da difensore (e gli assist, uno ciascuno, non bastano a redimerli).
E poi la rinuncia a Dybala: Juric richiama Dovbyk per mettere Baldanzi. Ma così l’area si svuota. E comunque la rinuncia non basta a creare una Roma che riesca ad aggredire in ogni zona del campo come da principi del suo allenatore.
I giallorossi rincorrono due volte, la seconda forse per un gol di Magnani passibile di revisione più accurata al Var, il terzo svantaggio arriva troppo tardi per rimediare. Detto delle mancanze giallorosse, bisogna anche sottolineare la partita dell’Hellas, che sembrava invece proprio una squadra di Juric. Anche i cambi premiano: Zanetti manda dentro Mosquera, Livramento e Harroui – due attaccanti e mezzo… – e proprio gli ultimi due confezionano il tris vincente.
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